19.8.20

INTANTO, ATTORNO AD UNA STELLA COME IL SOLE...

Credit: ESO/Bohn et al.

Il Very Large Telescope dell'ESO, attraverso lo strumento SPHERE. ha immortalato per la prima volta due mondi in orbita attorno ad una stella come il nostro Sole. In passato era già capitato di fotografare un pianeta extrasolare in orbita attorno ad una stella di tipo solare, ma solo uno!

Tutto questo sta succedendo a circa 300 anni luce da noi, nella costellazione della Mosca.

L'abbagliante luce della stella TYC 8998-760-1 è stata schermata da un coronografo, permettendo di evidenziare il segnale migliaia di volte più debole emesso dai due pianeti. 

Si tratta di due mondi giganti che si trovano in un ambiente molto simile a quello dell'infanzia del sistema solare: da qui l'interesse degli astronomi: stiamo osservando in diretta fasi della vita del nostro sistema solare ormai, qui da noi, passate da miliardi di anni. Il sistema esiste infatti da appena 17 milioni di anni ed i due giovani pianeti sono ancora molto caldi e dunque più facilmente visibili nell'infrarosso con la tecnica utilizzata per la scoperta. 

Credit: ESO/Bohn et al.
I due giganti gassosi, a differenza dei nostri Giove e Saturno, orbitano a grande distanza dalla loro stella: 160 e 320 unità astronomiche. Il più interno è 14 volte più massiccio di Giove, il più esterno 6.

Un'occasione da sfruttare per comprendere meglio i meccanismi che portano alla formazione dei sistemi planetari attorno a stelle come il Sole.

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3.10.17

IL COLORE DI WASP-12b

Per la seconda volta, dopo il blu cobalto di HD189733b, è stato possibile determinare il colore apparente di un esopianeta a partire dalla misurazione del suo albedo. 
L'albedo è la quantità di luce incidente riflessa da un pianeta. 
WASP-12b, un gioviano caldo assai studiato, ha sorpreso tutti con questo look imprevisto: apparirebbe più scuro dell'asfalto appena steso.  Tale oscurità è diretta conseguenza di un albedo bassissimo, appena 0.064, misurato dallo spettrografo STIS a bordo del telescopio spaziale Hubble. Ciò vuol dire che questo pianeta assorbe circa il 94% della luce che lo colpisce. 
Ma come mai un pianeta che di giorno raggiunge i 2600°C risulta poi così scuro?
Secondo il team di astronomi autore dello studio la causa si nasconde nella temperatura della spessa atmosfera dell'esopianeta.
L'altissima temperatura impedisce la formazione di qualunque nuvola, mantiene i metalli alcalini in forma di gas ionizzato e spezza le molecole di idrogeno in idrogeno atomico. 
Tali misurazioni sono merito di osservazioni spettroscopiche tra i 290 ed i 570 nm.

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18.7.17

SPHERE E IL DIRECT IMAGING


Nonostante il gran numero di esopianeti scoperti, è sempre complicato poter dire "ho visto un esopianeta". Nella quasi totalità dei casi la presenza di un pianeta viene dedotta dal disturbo gravitazionale che genera sulla sua stella (metodo delle velocità radiali), dalla particolare curva di luce prodotta dalla sua stella quando la eclissa ciclicamente (metodo del transito, microlensing gravitazionale), dalle anomalie nel precisissimo rintocco delle pulsar (metodo del timing delle pulsar). 
Eppure una piccola quota dei pianeti conosciuti è stata scoperta direttamente (direct imaging): la radiazione proveniente dal pianeta (riflessa o intrinseca) raggiunge direttamente il sensore del telescopio e viene catturata in una fotografia.
La potenza di questo metodo sta nel poter dare un'immagine in tempo reale del sistema così come esso è in realtà, oltre a poterne seguire direttamente l'evoluzione nel tempo. Al di là del lato estetico tali immagini (ovvero la luce del pianeta) vengono successivamente analizzate spettroscopicamente per trarne quanti più dati possibili. Infatti è ancora abbastanza raro avere la possibilità di studiare un segnale esoplanetario "pulito" come quello puntiforme ed isolato raccolto dal direct imaging. L'unica alternativa (attualmente la più proficua) è lo studio delle atmosfere esoplanetarie, possibile grazie al metodo del transito, che permette in alcuni casi di studiare la luce rifratta dall'atmosfera del pianeta durante il transito di fronte alla sua stella. La comprensione della composizione atmosferica permette indirettamente di ipotizzare la composizione superficiale o interna del pianeta.
Ma torniamo al direct imaging. Com'è possibile osservare direttamente la luce riflessa (o emessa) di un pianeta lontano tra i 4.2 e svariate centinaia di anni luce? E' una sfida ancora al limite delle nostre capacità tecnologiche attuali e necessita dei telescopi più grandi esistenti al mondo e di un sensore estremamente sensibile e performante, che nel caso di osservazioni da terra sia in grado di correggere in tempo reale le distorsioni prodotte dall'atmosfera (ottiche adattive).
Ebbene ne esistono già alcuni e tra i migliori spicca lo strumento SPHERE (Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet REsearch instrument) dell'ESO montato sul telescopio 3 del VLT (Very Large Telescope). Quando lo strumento opera, utilizza un coronografo stellare per bloccare la luce abbagliante della stella ed osservare scrupolosamente le sue immediate vicinanze alla ricerca di pianeti in orbita. 
La risoluzione spaziale di SPHERE oscilla tra 0.02 e 0.08 secondi d'arco a seconda della lunghezza d'onda in cui sta osservando (0.5–2.32 µm). 
L'ultima scoperta effettuata da questo straordinario strumento è quella del pianeta HIP 65426b, di cui è stata ottenuta una fotografia. Questo mondo dista 385 anni luce da noi,
Per ottenere questa immagine lo specchio di SPHERE (dotato delle più avanzate ottiche adattive) ha corretto ed eliminato 1200 volte al secondo le turbolenze prodotte dall'atmosfera terrestre.
Come accennato, è inoltre in grado di catturare la luce di un pianeta anche un milione di volte più debole rispetto alla sua stella.
Dall'analisi spettroscopica della luce esoplanetaria catturata è stato possibile determinare la temperatura del pianeta, pari a 1200°C, stimare la distanza dalla sua stella in circa 30 UA (4.5 miliardi di km) e la sua massa compresa tra 6 e 12 volte quella del nostro Giove. Ma non solo, è stata osservata anche la presenza di acqua e di nubi nella sua atmosfera.
Dall'osservazione della sua stella invece, gli astronomi si sono resi conto che l'astro ruota attorno al proprio asse circa 150 volte più veloce rispetto al sole. 
Si cerca ora di capire come questo sia possibile e quali sono le cause di quanto osservato: per ora ci sono due ipotesi. Il primo scenario vedrebbe la migrazione del pianeta verso l'esterno del sistema una volta terminata la sua formazione e dissipato il disco, causata probabilmente dall'interazione con altri pianeti massicci del sistema. Il secondo invece ipotizza una formazione comune e coeva della stella e del pianeta, ma quest'ultimo non avrebbe raggiunto la massa sufficiente per poter innescare le reazioni di fusione nucleare e diventare una stella a tutti gli effetti.

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