28.12.13

SCOPERTA LA PRIMA LUNA EXTRASOLARE ?

Oggi si conoscono oltre 1000 pianeti extrasolari e le nuove scoperte sono all'ordine del giorni. Negli ultimi due decenni sono stati elaborati numerosi metodi per scovare e per ottenere quante più informazioni possibili su questi pianeti lontani. Ora la nuova sfida è quella di ottenere la prima immagine di una esoluna, ovvero di una luna orbitante attorno ad un pianeta extrasolare. Sono tre i metodi che oggi si ritiene abbiano raggiunto un livello di precisione tale da poter rilevare una o più di queste esolune e sarebbero il metodo del transito, quello della rilevazione delle variazione nell'emissione delle pulsar e quello legato al microlensing gravitazionale. Il primo non ha ancora dato risultati in questo senso anche se tutti sono convinti che si tratti solo di tempo e che i nuovi telescopi del prossimo futuro saranno perfettamente in grado di compiere l'impresa. Il secondo ha molto probabilmente dato un risultato in questo senso quando gli astronomi lo hanno utilizzato per studiare la famosa pulsar PSR B1257+12. Questo astro ha permesso la scoperta dei primi tre pianeti extrasolari della storia (PSR B1257+12 a, b e c) e la prima rilevazione di un oggetto di massa asteroidale attorno ad un'altra stella: PSR B1257+12 d. L'oggetto possiede una massa stimata in 0,0004 masse terrestri ed un diametro di circa 1000 km. La massa e le dimensioni rientrano tranquillamente nel range delle esolune, anche se nel caso specifico non si tratta certamente di una esoluna. La sua citazione è d'obbligo per sottolineare la potenza ed accuratezza del metodo.
Il terzo metodo è quello del microlensing gravitazionale. L'effetto 'lente gravitazionale' si verifica quando il campo gravitazionale di una stella agisce da lente d'ingrandimento, amplificando la luce proveniente da una lontana stella sullo sfondo. Ciò accade quando le due stelle sono perfettamente allineate. Tali effetti hanno breve durata, giorni o settimane,  poichè la Terra  e le stelle coinvolte sono in continuo moto relativo tra loro.
In una decina di anni si sono registrati circa un migliaio di eventi di lensing poichè è difficile che si verifichino le particolari condizioni che danno luogo a questo fenomeno: ecco spiegata la loro rarità. Il grande vantaggio è quello di poter rilevare il segnale amplificato di questi pianeti a grandissima distanza (fino a decine di migliaia di anni luce).
Uno degli svantaggi del metodo è quello di dover monitorare continuamente un grandissimo numero di stelle e sperare nel verificarsi dell'evento. Il metodo diventa significativo nell'indagare la presenza di pianeti attorno a stelle poste tra la Terra ed in centro galattico : il centro della Via Lattea ci offre un ottimo background fitto di stelle e la probabilità di osservare un tale evento aumenta notevolmente.
Un altro svantaggio è la non ripetibilità dell'osservazione a causa dell'impossibilità di ricreare l'allineamento.

E' stato proprio quest'ultimo metodo a compiere quella che potrebbe essere la prima esoluna mai scoperta.
L'evento studiato è stato denominato MOA 2011-BLG-262.
Evento di microlensing che ha permesso la rilevazione della potenziale esoluna.

Innanzi tutto il pianeta attorno a cui orbiterebbe la esoluna fa parte della categoria dei 'pianeti vaganti', mondi che non orbitano attorno alla loro stella e che vagano nello spazio interstellare della galassia, e dista ben 1800 anni luce dal Sole. Si presenta come un pianeta di tipo gioviano con una massa pari a circa 4 volte quella del nostro gigante gassoso. La coppia di oggetti presenta delle stranezze. Innanzi tutto la luna possiede una grande massa stimata in circa mezza massa terrestre (0.47 M t) ed orbita a ben 20 milioni di km dal pianeta (circa 0.13 UA). Questi due dati hanno fatto ipotizzare che possa anche trattarsi di due pianeti espulsi da un sistema caotico e che il minore sia poi rimasto intrappolato dalla gravità del maggiore, divenendo una sua luna. In tal caso un pianeta che diventa luna costituirebbe una nuova classe di oggetti....
Purtroppo l'evento non è ripetibile e dunque con ogni probabilità non sapremo mai abbastanza su quel sistema per poter giungere ad una classificazione certa dell'oggetto minore; questo è vero se non si ripeteranno nuovi casuali e futuri eventi di microlensing che forniscano ulteriori informazioni (le possibilità che ciò accada sono davvero minime, ma non nulle).


articolo

FOMALHAUT: DUE CINTURE COMETARIE NELLO STESSO SISTEMA.

Fomalhaut Ab
La scoperta di cui parleremo ora ha dell'incredibile e riguarda Fomalhaut una delle stelle più brillanti del cielo notturno. Abbiamo già parlato in questo blog di questo astro, detentrore di numerosi primati e assai studiato da chi va a caccia di mondi alieni. Tra le passate sorprese che hanno reso celebre la stella possiamo sottolinearne due che molto hanno a che fare con quest'ultima tanto importante quanto inaspettata novità: la fotografia diretta di un suo pianeta (Fomalhaut b) e della sua cintura cometaria.
Queste due scoperte hanno permesso uno studio assai approfondito dell'astro che ha anche portato ad un'ulteriore importantissima scoperta: Fomalhaut è in realtà un sistema stellare multiplo.
Nel 2012 si è accertato il legame fisico tra Fomalhaut A e Fomalhaut B (alias TW PsA): le due stelle sono separate da 0.9 anni luce e la B è una nana arancione e variabile a flare.
Fomalhaut C (alias LP 876-10) è una nana rossa che orbita a ben 2.5 anni luce dalla stella A e a ben 3.2 anni luce dalla B.
La scoperta è legata proprio a quest'ultimo astro: Fomalhaut C.
E' del 17 dicembre l'annuncio della rilevazione di un disco di polveri e detriti attorno a questa nana rossa, annuncio che ha reso ufficialmente il sistema triplo di Fomalhaut il luogo d'origine di ben due dischi di detriti appartenenti a differenti astri legati gravitazionalmente nello stesso sistema stellare. Il primo, noto da anni, attorno a Fomalhaut A ed il secondo attorno all'astro C del sistema.
Il disco di polveri si estende tra le 10 e le 40 UA dalla stella ed era già noto agli astronomi da alcuni anni come un 'semplice' disco di detriti appartenente da un nana rossa. Di per sè la rara scoperta non aveva impressionato più di tanto la comunità internazionale fino a quando non si è scoperta l'appartenenza fisica dell'astro al sistema doppio costituito da Fomalhaut A e B. Il legame gravitazionale della stella al sistema composto dagli astri A e B rimette in discussione tutto ciò che si era ipotizzato sulla nascita ed evoluzione del disco attorno a Fomalhaut A e C a causa dell'interazione tra i singoli astri.
Gli astronomi sono ora impegnati nella comprensione della nascita e dell'evoluzione delle due cinture cometarie e nella risoluzione di un nuovo enigma: perchè Fomalhaut B non possiede una propria cintura cometaria?

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14.12.13

HD 106906 b : UN'INCREDIBILE 'RIVOLUZIONE'.

Il pianeta di cui parliamo oggi è un gigante gassoso 11 volte più massiccio del nostro Giove.
Orbita attorno ad una stella facente parte della costellazione australe della Croce e distante circa 300 anni luce dal Sole.
La sua peculiarità è quella di orbitare a ben 650 UA dalla sua stella ( ovvero oltre 97 miliardi di km): per confronto il nostro Plutone si spinge 'solo' a 50 UA dal Sole.  Questa sua caratteristica mina seriamente i modelli di formazione planetaria oggi più accettati, in particolare l'ipotesi nebulare.

Ciò che risulta davvero complicato da spiegare con le attuali conoscenze è la grande massa del pianeta ed il suo posizionamento a quell'incredibile distanza dalla sua stella.
Gli astronomi hanno comunque formulato un'ipotesi per cercare di spiegare l'evidenza osservativa: il pianeta si sarebbe dunque formato secondo lo stesso processo attraverso il quale nascono i sistemi stellari binari. La stella ed il suo pianeta massiccio si sarebbero formati in maniera indipendente grazie a due collassi di agglomerati di gas separati, ma vicini. Per qualche ignota ragione venne sottratto del materiale alla nube di gas progenitrice del  pianeta massiccio non permettendo alla potenziale protostella di raggiungere la massa critica per innescare le reazioni termonucleari interne. Di questa mancata stella rimase dunque un enorme e massiccio pianeta gassoso. Naturalmente l'altro collasso gravitazionale avrebbe generato poi la stella che oggi illumina questo pianeta, senza particolari problemi evolutivi. A questo proposito è interessante considerare il rapporto tra la massa della stella e quella del pianeta, stimato in uno a cento. Il problema sorge anche qui: oggi si ritiene che per i sistemi stellari binari valga la regola che vuole che una stella non debba possedere una massa superiore a dieci volte quella della compagna. Questo rema contro l'ipotesi della nascita alla stregua di un sistema binario.
La stella HD 106906 ed il suo pianeta sono stati scoperti utilizzando il metodo fotografico, utilizzando il Magellan Telescope equipaggiato con il nuovissimo ed avanzatissimo sistema di ottiche adattive MagAO.
Per concludere, una curiosità: è in atto una petizione sottoscritta già da oltre 120.000 persone e diretta all'International Astronomical Union al fine di assegnare al pianeta il nome 'Gallifrey' (il mondo natale di Doctor, personaggio della serie fantascientifica 'Doctor Who'). Attualmente però il regolamento dell'IAU non permette di aggiungere nomi popolari alla catalogazione già effettuata ufficialmente.

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5.12.13

ACQUA SICURA SU 5 ESOPIANETI

Per la prima volta un team di astronomi ha scoperto e confermato la presenza di acqua su ben 5 pianeti extrasolari. La ricerca di questo prezioso elemento su mondi alieni è in atto da anni ma è assai difficile isolarne la traccia e confermare con certezza la sua reale presenza. Tutti e 5 i pianeti oggetto di questa scoperta appartengono alla classe degli Hot Jupiters, giganti gassosi come il nostro Giove che però orbitano assai vicino alla loro stella essendo sottoposti a temperature e stress gravitazionali assai elevati. Ma allora perchè è importante la scoperta di acqua su questi mondi inospitali? Ebbene, l'importanza della scoperta dell'acqua su questo tipo di pianeti è importantissimo non tanto per questo tipo di pianeti, ma per verificare la capacità e l'affidabilità dei metodi e degli strumenti di poter scovare l'acqua su pianeti di tipo terrestre. E' infatti questo il vero obiettivo: scoprire l'acqua su un pianeta di tipo terrestre posto nella famosa zona di abitabilità. Ma per giungere all'obiettivo bisogna esercitarsi e procedere per gradi. Quella di questi giorni è un grosso passo avanti in quel senso.
E' utile ricordare che lo studio di queste atmosfere è possibile grazie alla geometria orbitale apparente del loro pianeta. Per noi osservatori è indispensabile che il pianeta transiti esattamente di fronte alla sua stella, intersecando con la sua orbita la linea di vista che congiunge l'osservatore alla stella. Così facendo si viene a creare un piccolissimo eclisse che permette ai sofisticatissimi sensori delle sonde e dei telescopi dedicati di andare ad analizzare la poca luce che filtra attraverso l'atmosfera che circonda questi pianeti che in quella configurazione sono visti 'contro luce'. Tramite un'analisi spettroscopica di quella particolare luce gli astronomi sono in grado di rilevare le componenti chimiche di quell'atmosfera e/o eventuali processi fisici in atto.
Vediamo quindi da vicino questi pianeti.

WASP-17b è il primo di questi pianeti. Si tratta di un gigante gassoso con orbita retrograda la cui atmosfera è già stata analizzata in passato con successo, rilevando la presenza di sodio. Il segnale associato alla presenza di acqua è assai evidente.

HD 209458b è uno tra i pianeti extrasolari più studiati e conosciuti. Su questo mondo infernale imperversano tempeste e venti supersonici ma studi passati hanno scovato nella sua atmosfera addirittura molecole organiche e d'acqua. In particolare, assieme a WASP-17b, è il pianeta su cui è stata rilevata la maggior quantità d'acqua fino ad oggi.

WASP-12b ha già mostrato in passato carbonio e acqua in grandi quantità.

WASP-19b orbita attorno ad una stella vicina ed il suo anno dura appena 18,9 ore terrestri.

XO-1b è stato addirittura scoperto da un astrofilo. Sul pianeta sono state rilevate tracce di metano, monossido di carbonio, anidride carbonica e vapore acqueo.



4.11.13

KEPLER-78b : IL PIANETA MISTERIOSO

Il pianeta di cui parliamo oggi, denominato Kepler-78b, è stato appena scoperto e rappresenta un vero e proprio enigma per gli astronomi. Si tratta di un pianeta orbitante attorno a Kepler-78, una stella distante circa 400 anni luce e appartenente alla costellazione del Cigno.
Su questo incredibile pianeta l'anno dura appena 8.5 ore e la conseguente distanza dalla stella è di circa 1 milione di km ( 1/100 di unità astronomica e cioè 1/100 della distanza Terra-Sole).
Secondo i modelli di formazione planetaria attualmente accettati il pianeta in questione non dovrebbe trovarsi lì: non dovrebbe/potrebbe essere così vicino alla sua stella tanto da rasentarne l'atmosfera. Si crede che si sia formato altrove nel sistema e poi sia migrato nella sua posizione attuale. Ma anche questa teoria lascia perplessi gli addetti ai lavori: se si fosse formato più vicino all'astro (cioè praticamente dentro l'atmosfera stellare) le forze mareali della stella ed il suo intenso calore avrebbero distrutto il pianeta sul nascere. Anche lo scenario di una formazione in un luogo più distante dalla stella ed una conseguente migrazione verso l'interno del sistema non convince: secondo le simulazioni il pianeta sarebbe finito direttamente dentro la stella e non così vicino.

Inoltre il pianeta risulta leggermente più grande (1.2 volte) della Terra ma presenta una densità paragonabile a quella del nostro pianeta (5.3 g/cm3); ciò significa che con ogni probabilità è composto da roccia e metalli.
Kepler-78b è così vicino alla sua stella che entro 3 miliardi di anni si crede che verrà inglobato dalla sua stella e con ogni probabilità distrutto.
Sulla superficie del pianeta la temperatura raggiunge facilmente i 3000°C, grazie all'intenso irraggiamento della vicinissima stella.
Gli astronomi si sono anche imbattuti in una inaspettata complicazione nella già delicata operazione di rilevazione del debolissimo segnale del pianeta: si è visto infatti che la superficie della stella madre del nuovo pianeta presenta macchie stellari.
A centinaia di anni luce di distanza una macchia stellare, oltre ad essere di difficilissima rilevazione, può essere scambiata per un pianeta in transito e dunque sono scattati i controlli appositi per escludere possibili errori.Grazie all'effetto Doppler è stato calcolato il periodo rotazionale della stella (alla frequenza a cui apparivano le macchie) che è risultato essere pari a 12.5 giorni, cioè molto più delle 8.5 ore di rivoluzione del pianeta. Questa discrepanza temporale ha permesso di escludere che il pianeta rilevato fosse una macchia stellare, ovvero un oggetto reale posto sulla superficie della stella e vincolato al tempo di rotazione dell'astro.
Data l'estrema vicinanza il pianeta risulta bloccato marealmente e dunque rivolge sempre la stessa faccia alla stella. Le analisi hanno mostrato che il pianeta rilflette il 60% della luce che lo illumina ma la temperatura sul suo emisfero perennemente buio è attualmente sconosciuta.


Articolo: http://arxiv.org/pdf/1305.4180v2.pdf

27.10.13

KIC 11442793: 7 PIANETI CON TANTE SORPRESE

Il sistema planetario protagonista di questa nuova scoperta è quello che ruota, a 2500 anni luce dalla Terra, attorno alla stella KIC 11442793.
Le orbite planetarie che caratterizzano questo sistema sono molto compatte e vicine alla stella rispetto al nostro sistema solare, ma l'ultimo pianeta scoperto, il settimo in quel sistema, è uno dei rarissimi pianeti (tra quelli oggi noti) che orbita a distanze considerevoli dalla stella madre. Il  nuovo pianeta orbita attorno alla sua stella in ben 125 giorni mentre gli altri rivoluzionano con periodi compresi tra i 7 e i 330 giorni a distanze rispettivamente comprese tra 0.074 e 1.01 UA.
Possiede un diametro pari a 2.8 volte quello terrestre e e dunque rientra a pieno titolo nell'interessantissima categoria delle superterre.
Il sistema ospita due pianeti di taglia terrestre, tre Superterre e due pianeti di taglia maggiore. Nella sua configurazione attuale ed in termini puramente qualitativi il sistema extrasolare ricorda il nostro, con i pianeti più piccoli all'interno e quelli più grandi all'esterno. In particolare i due pianeti più interni sono in risonanza orbitale 4:5 mentre le tre superterre generano una risonanza 2:3:4. Altra particolarità legata ai due pianeti giganti del sistema è quella di possedere la più intensa interazione gravitazionale mai misurata tra due pianeti giganti gassosi.
La curva di luce prodotta dal transito del pianeta gigante gassoso KIC 11442793g aveva generato sospetti circa la presenza di una esoluna in orbita attorno al pianeta (indicata con la freccia nell'articolo - fig. 11). Il possibile segnale della esoluna in questione risulta però troppo ravvicinato all'evento del transito planetario e successivi calcoli mostrano come l'eventuale satellite naturale possa trovarsi di gran lunga all'interno della sfera di Hill e dunque (ammesso che esista) essere destinata all'instabilità e alla distruzione a causa delle forze mareali del pianeta gigante. Purtroppo però con la risoluzione strumentale attuale non si può escludere che il segnale sia frutto di imprecisioni strumentali. A favore dell'ipotesi lunare potrebbe essere un dato evidente: la distorsione della curva di luce nei transiti 1 e 2, molto probabilmente non imputabile alla semplice interferenza dell'attività stellare.
Un fatto davvero stupefacente risulta essere la vicinanza delle orbite planetarie: tutti e 7 i pianeti noti risultano orbitare entro una distanza paragonabile a quella che separa la Terra dal Sole. A questo proposito sono state svolte simulazioni per verificare la stabilità orbitale del sistema ed il risultato ha dato esito positivo, tra lo stupore generale.

Come è già accaduto, la scoperta è stata fatta analizzando i dati raccolti dal telescopio spaziale Kepler e analizzabili da chiunque grazie al progetto Planet Hunters.
L'importanza della scoperta deriva dal fatto che è il primo sistema da 7 pianeti scoperto da Kepler usando il metodo del transito.

Altre due curve di luce risultano assai interessanti e sono attualemente oggetto di indagini approfondite: presentano rispettivamente 7 segnali di transito (legati alla stella HD 10180) e addirittura 9 (per la stella KOI-351).

Per approfondire:
http://arxiv.org/pdf/1310.6248v1.pdf
http://planethunting.wordpress.com/2013/02/24/koi-351-kic-11442793/

18.10.13

LA SOLITUDINE DI PSO J318.5-22

Il telescopio Pan-STARRS 1 ha recentemente scoperto un mondo solitario che vaga nell'oscurità dello spazio a circa 80 anni luce da noi, grazie alla traccia lasciata dall'emissione termica del pianeta. La scoperta è avvenuta casualmente mentre il telescopio era alla ricerca di nane brune.
Il pianeta ha solamente 12 milioni di anni e possiede una massa pari a 6 volte quella del nostro Giove. Rientra a pieno titolo nella tipologia di pianeti giganti gassosi che orbitano attorno a giovanissime stelle.... anche se PSO J318.5-22, questo è il suo nome, una stella madre non ce l'ha. 

In questo blog abbiamo parlato molte volte di pianeti solitari che vagano nello spazio interstellare all'interno della nostra galassia ed è importante farlo in quanto sarebbero moltissimi, addirittura decine di volte più numerosi del numero di stelle presenti oggi nella nostra galassia ( circa 400 miliardi di stelle per intenderci..).
E' utile ricordare come essi, molto probabilmente, si siano formati in sistemi planetari nati attorno a stelle più o meno simili al nostro Sole e che poi, a causa di violente interazioni gravitazionali, essi siano stati espulsi dal loro sistema e dunque proiettati nello spazio profondo.
Altro fatto di grande rilevanza è stata la sua osservazione: i pochi pianeti osservati direttamente possiedono una stella madre nelle loro immediate vicinanze, utile agli astronomi per il loro riconoscimento e posizionamento attorno ad essa; questa volta, per la prima volta in assoluto, il pianeta è stato osservato direttamente e senza l'ausilio del suo sole. 
Inoltre la debolissima luce riflessa dai pianeti osservati direttamente in orbita attorno alla loro stella è assai difficile da rilevare e studiare in quanto è immersa nel bagliore della luce stellare, milioni o miliardi di volte più intensa. PSO J318.5-22 ci dà la rara occasione di studiarlo senza dover fare i conti con questa pesante interferenza.

Questo mondo solitario presenta una temperatura di 1160 K circa.
Come accennavo all'inizio, il pianeta è stato scovato durante una ricerca mirata alla scoperta e catalogazione di nane brune, stelle fallite troppo grandi per essere semplici pianeti e troppo piccole per vivere come delle stelle. Il segnale emesso dal pianeta e raccolto dal rivelatore del telescopio è risultato essere ben più rosso della più rossa tra le nane brune conosciute ad oggi. Gli astronomi hanno osservato il pianeta a lungo ed hanno concluso che esso si muove all'interno di una corrente stellare di 12 milioni di anni d'età nota come Beta Pictoris Moviment Group. Osservazioni condotte con altri telescopi nella banda infrarossa hanno confermato la natura planetaria dell'oggetto.

Articolo : http://arxiv.org/abs/1310.0457

17.10.13

GD 61: SIAMO ARRIVATI...MA TROPPO TARDI.

A 150 anni luce da noi il telescopio spaziale Hubble ha individuato roccia e tanta acqua attorno ad una nana bianca denominata GD 61, che quando era una stella attiva possedeva la massa di tre Soli.
Nel sistema vi sono grandi quantità di roccia frantumata e ossigeno. Rilevazioni spettroscopiche hanno evidenziato infatti la consistente presenza di magnesio, silicio, ferro e ossigeno in abbondanza. Gli stessi elementi sono stati evidenziati anche nell'atmosfera della stella, mostrando come parte del materiale sia finito anche sull'astro, forse a causa della presenza perturbatrice presente o passata di pianeti giganti gassosi. In particolare la quantità di ossigeno osservato è molto maggiore di quella che naturalmente si troverebbe nella quantità di rocce osservate e dunque è quasi certo che si tratti di ciò che rimane di immense quantità d'acqua che ricoprivano o costituivano uno o più corpi rocciosi in quel sistema. Gli astronomi hanno stimato che la quantità d'acqua osservata avrebbe costituito il 26% in massa di un corpo roccioso di natura asteroidale. Si crede dunque che si tratti di asteroidi e non di comete in quanto tra l'altro non è stato rilevato carbonio, elemento presente in abbondanza nelle comete. Hubble ha stimato anche che l'asteroide avrebbe posseduto un diametro compreso tra 90 e 530 km. E' la prima volta che si trovano con certezza roccia e acqua nello stesso sistema.
Un'altra cosa interessante è che molto probabilmente il sistema nasconde ulteriori pianeti, se non addirittura ciò che rimane di un sistema planetario molto simile al nostro, oltre ad essere una fotografia di ciò che quasi sicuramente accadrà al nostro sistema planetario tra alcuni miliardi di anni. 

24.8.13

UN NUOVO MODO DI CREARE PIANETI: LE 'GLOBULETTES'

La teoria più accreditata che spiega la formazione dei pianeti è quella secondo cui questi corpi celesti si generano da uno o più collassi gravitazionali che si verificano all'interno di un disco protoplanetario in rotazione attorno alla protostella, nata anch'essa dal collasso centrale della medesima nube.
Ma cosa pensare quando si osservano pianeti che vagano solitari all'interno della Via Lattea? La teoria che fino ad ora andava per la maggiore era quella che li vedeva nascere come oggetti espulsi da 'normali' sistemi planetari pesantemente perturbati gravitazionalmente o troppo affollati perchè la gravità sistemasse ogni protopianeta su un orbita stabile.
Ciò che è stato scoperto di recente ha offerto una nuova ed affascinante finestra sulla formazione dei pianeti erranti, una spiegazione compatibile con l'alto numero di pianeti solitari scoperti ed osservati e con l'enorme numero che statisticamente dovrebbe esistere attualmente all'interno della nostra galassia : ben 200 miliardi di pianeti vaganti!

Osservazioni congiunte del radiotelescopio svedese di Onsala e dei telescopi cileni APEX e New Technology Telescope (NTT)  dell'ESO hanno scandagliato in profondità la nebulosa Rosetta, un oggetto distante circa 4600 anni luce dalla Terra in direzione della costellazione dell'Unicorno.
In particolare le osservazioni hanno approfondito la conoscenza di numerose piccole nebulose oscure che si possono osservare all'interno di questa affascinante nebulosa. L'attenzione degli astronomi si è concentrata in particolare sulle più piccole che possiedono un diametro di circa 1500 UA (circa 50 volte la distanza Sole-Nettuno) ed una massa ridotta, stimata tra le 50 e le 500 masse gioviane. Queste piccole nebulose oscure sono state battezzate 'globulettes' e ve ne sono a decine nella zona osservata in dettaglio dai telescopi.


Le globulettes sono per l'appunto globuli di materiale particolarmente compatto: un nucleo marcatamente più denso e uno strato superficiale più rarefatto; proprio questa caratteristica, unita alla loro massa e densità, ha portato gli astronomi ad ipotizzare una loro responsabilità nella formazione dei pianeti erranti. Un ulteriore punto a favore di questa teoria risulta essere quello legato alla velocità e alla direzione di queste globulettes: 80.000 km/h verso l'esterno della nebulosa. Questa condizione è il risultato dell'azione della pressione di radiazione delle stelle calde poste all'interno della Rosetta che hanno modellato, eroso e dissolto in globuli le originarie colonne di gas e polveri, luoghi di formazione delle globulettes.
Dunque se queste piccole 'isolette' di materiale che viaggiano a grande velocità verso l'esterno della nebulosa hanno una massa tale da poter generare pianeti (o nane brune), le evidenze osservative si conciliano bene con quanto osservato da anni: pianeti e nane brune solitari che vagano a grande velocità all'interno della galassia. Si attendono ora indagini ed osservazioni più approfondite col potente radiotelescopio ALMA.

Fonte:
http://www.aanda.org/articles/aa/abs/2013/07/aa21547-13/aa21547-13.html
http://arxiv.org/pdf/1305.2485.pdf

12.7.13

HD 189733 b: UN MONDO BLU COBALTO

Nell'avvincente caccia ai pianeti extrasolari, soprattutto quando si cercano pianeti gemelli della Terra, si tende spesso a concentrarsi solamente sui dati orbitali e sulla composizione chimica del pianeta tralasciando l'aspetto più poetico tra tutti: l'aspetto.
Con l'attuale strumentazione professionale non è possibile risolvere i lontanissimi pianeti extrasolari ed apprezzarne i dettagli superficiali o atmosferici, cosa invece possibile quando osserviamo attraverso un telescopio (anche amatoriale) i pianeti del nostro sistema solare, immensamente più vicini. Non essendo in grado di osservare direttamente l'aspetto di questi mondi, possiamo solo indirettamente ricostruirlo tramite l'unico messaggero che ci giunge direttamente da quei pianeti: la loro luce.
Immagine centrata sulla stella HD 189733
Il pianeta in questione è HD 189733b ed situato a soli 63 anni luce dalla Terra. Si tratta di un gigante gassoso, orbitante molto vicino alla sua coppia di soli, che presenta condizioni atmosferiche a dir poco proibitive: temperatura infernale (circa 1000°C) e venti supersonici a 7000 km /h.
Già l'11 dicembre 2007 era stata annunciata la scoperta di velature nella sua atmosfera, mentre il 28 giugno 2012 era stato reso noto che l'alta atmosfera del pianeta stava evaporando a seguito di un imponente flare della sua stella. Ma la nota 'estetica' è giunta solo ora.
Immagine verosimile di come apparirebbe HD 189733b


Il primo passo per arrivare a comprendere il vero aspetto, e quindi il colore reale, del pianeta è quello di rilevare la luce riflessa dal pianeta. Per fare ciò il team di astronomi ha misurato l'ammontare di luce dell'intero sistema prima, durante e dopo il transito del pianeta. Si è visto quindi che quando il pianeta passa dietro la coppia di stelle la luminosità complessiva del sistema cala di una piccolissima percentuale. Ciò avviene in quanto viene a mancare il contributo luminoso del pianeta dato dalla luce da esso riflessa.
La cosa interessante è che i dati raccolti dalla curva di luce (grafico che evidenzia la quantità e la variazione di luce emessa da un oggetto col passare del tempo) di HD 189733  permettono anche di apprezzare anche la variazione del colore della luce rilevata. E' stato visto che in tutte le fasi dell'orbita, tranne quando il pianeta è eclissato dalla coppia di stelle, il segnale è costantemente piccato nella regione blu dello spettro. Al momento del transito dietro le stelle il 'segnale blu' si interrompe generando la prova inconfutabile della natura planetaria e blu del segnale.
Dunque il pianeta HD 189733b apparirebbe all'occhio umano come un mondo blu, del tutto simile alla Terra vista dallo spazio. Ricordiamo la famosa 'foto di gruppo' scattata della sonda Voyager 1 ormai ai confini della regione planetaria del nostro sistema solare in cui la Terra era visibile solo come  'a pale blue dot', come la definì Carl Sagan.

Ecco la famosissima immagine 'Pale blue dot' scattata dalla sonda Voyager 1.

Il colore blu della Terra è conferito dagli oceani che assorbono le frequenze rosse e verdi della luce e riflettono quelle blu, unito alla diffusione della luce blu da parte delle molecole di ossigeno ed azoto presenti in grandissima quantità nella nostra atmosfera. Invece il colore blu di HD 189733b è dovuto alla turbolenta e velata atmosfera del pianeta. Si crede che questo effetto sia dovuto alla presenza di  particelle di silicati in sospensione, responsabili dello scattering della luce blu. Se la presenza di queste particelle fosse confermata significherebbe che con ogni probabilità potrebbero verificarsi piogge di vetro fuso o permarrebbero in sospensione nell'atmosfera particelle di vetro.
Quando vennero scoperte velature nella sua atmosfera si fece riferimento ai tramonti rossi che si potrebbero apprezzare su quel pianeta. Ciò ha senso anche alla luce della scoperta che il pianeta ha un colore marcatamente blu: la luce rossa che attraversa l'atmosfera viene assorbita dal sodio e viene arrossata grazie allo scattering del pulviscolo atmosferico. E' la luce riflessa dal pianeta nello spazio ad essere blu, non quella rifratta attraverso la sua atmosfera.
Un altro importantissimo balzo in avanti nella caratterizzazione dei pianeti extrasolari.


Articolo

30.6.13

COLPO GROSSO SU GLIESE 667C : TRE PIANETI ABITABILI!

Oggi conosciamo quasi un migliaio di mondi extrasolari sparsi entro un cubo di qualche migliaio di anni luce di lato. La cosa paradossale è che le novità più intriganti e le scoperte più avvincenti sono state compiute praticamente nel giardino di casa, ovvero entro qualche decina di anni luce dal nostro Sole. La scoperta di cui parliamo in questo articolo non fa eccezione!

Parliamo del sistema planetario presente attorno al sistema multiplo Gliese 667, a circa 22 anni luce da casa nostra nella costellazione dello scorpione.
Il sistema è composto da una coppia di stelle di sequenza principale, separate da una distanza variabile tra le 5 e le 20 UA, attorno alla quale orbita una piccola nana rossa ad una distanza variabile tra le 56  e le 215 UA.
La coppia è composta dalle due nane arancioni Gliese 667 A e Gliese 667 B. La stella A possiede massa e dimensioni pari a 3/4 di quelle del Sole ed una luminosità pari al 13% di quella solare, mentre la stella B presenta una massa pari al 65% di quella solare racchiusa in un diametro pari a metà di quello solare ed una luminosità pari solo al 5% di quella del nostro Sole. La nana rossa C possiede 1/3 della massa del Sole, 1/5 del suo diametro ed una luminosità pari all' 1.4% di quella solare.
Proprio la nana rossa Gliese 667 C possiede un sistema planetario con ben 3 pianeti ( b, c, d  ) posti nella relativa zona abitabile.  L'intero sistema comprenderebbe 5 pianeti confermati (b, c, d, e, f ) e due ancora in attesa di ulteriori studi (g, h).
Come accennato, Gliese 667 Cc, Gliese 667 Cf e Gliese 667 Ce sono i pianeti che risultano inclusi nella zona di abitabilità della stella, ovvero quella fascia posta alla distanza giusta dalla stella per consentire la presenza di acqua liquida in superficie ed eventualmente la vita come la conosciamo sulla Terra.

E' la prima volta che in un sistema planetario si scoprono ben 3 pianeti all'interno di questa preziosa zona. A rincarare le notizie positive è il fatto che si tratti di super-Terre, cioè pianeti rocciosi di taglia all'incirca simile alla nostra Terra.

Il più interno tra i pianeti 'abitabili' è Gliese 667 Cc. Presenta una massa pari a circa 4 volte e mezzo quella della Terra ed il suo anno dura poco più di 28 giorni. Il pianeta riceve il 90% della radiazione che riceve la Terra dal Sole ma, essendo l'emissione della stella concentrata principalmente nell'infrarosso, l'energia assorbita è maggiore portando la temperatura media a 27°C (a patto che il pianeta possegga un'atmosfera simile a quella terrestre), ben 9 grandi in più della temperatura media terrestre rilevata dallo spazio. Se sul pianeta è presente acqua, essa sarebbe sicuramente in forma liquida a queste temperature.

Da uno di questi pianeti, i due soli apparirebbero come due stelle luminose anche durante il dì mentre di notte i due astri sarebbero luminosi quanto la Luna piena.
Gli astronomi già conoscevano 3 pianeti attorno a questo sistema di stelle, ma una nuova analisi dei dati esistenti combinati con nuove osservazioni ha permesso la scoperta di nuovi ulteriori pianeti. Tranne il pianeta più esterno ('h'), l'intero sistema è contenuto all'interno dell'orbita di Mercurio rendendolo di fatto uno dei sistemi più compatti oggi conosciuti.

Articolo qui





14.6.13

GJ 3470b : UNA SUPER-TERRA SOLEGGIATA E CON TANTA ATMOSFERA

Un team di astronomi giapponesi ha rilevato e studiato l'atmosfera del pianeta GJ 3470b, scoperto col metodo del transito nel 2012, usando due telescopi dell'OAO (Okayama Astronomical Observatory).
 La chiave di questa nuova ed importantissima scoperta sta proprio nel transito osservato in 4 colori, dal visibile al vicino infrarosso.
Gli astronomi sono riusciti a calcolare il raggio del pianeta nei rispettivi 4 colori, scoprendo che nell'infrarosso ( alla lunghezza d'onda di 1.3 micron) era il 6% più piccolo di quello che il pianeta mostrava in luce visibile.

Quasi sicuramente la differenza tra il raggio rilevato nel visibile e quello rilevato nell'infrarosso è causata dalla presenza di un'atmosfera molto spessa: quando infatti la luce della stella attraversa l'atmosfera del pianeta in transito viene in parte assorbita ed in parte diffusa mostrando una marcata differenza se osservata in diverse lunghezze d'onda (differenza generata dai componenti chimici dell'atmosfera).
Ciò che ha reso possibile il difficilissimo compito della stima del raggio del pianeta è la fortunata combinazione di due fattori fondamentali: la piccola taglia della stella ( circa metà della massa e delle dimensioni del Sole) e le grandi dimensioni del pianeta. Con questa configurazione il calo di luce derivante dal transito è marcato e dunque facilmente rilevabile e misurabile.
Il raggio planetario calcolato nell'infrarosso è stato stimato in 4.3 raggi terrestri; il dato del raggio unito alla stima della massa mostra che il pianeta deve possedere una gran quantità di atmosfera.
Supponendo che sia composta da idrogeno ed elio è stato calcolato che l'atmosfera del pianeta costituirebbe dal 5 al 20% dell'intera massa di GJ3470b, moltissimo se consideriamo che l'atmosfera terrestre costituisce solo lo 0.0001% in massa del nostro pianeta.
Si può anche affermare con certezza che l'atmosfera di questo pianeta risulta priva di grandi sistemi nuvolosi: ciò è stato evidenziato dalle differenti misure del raggio in base al colore con cui si osservava il pianeta. Se le nuvole avessero ricoperto il pianeta non ci sarebbero state differenze dipendenti dal colore con cui le si osservava.

Il team di astronomi autore della scoperta ha utilizzato un telescopio da 188 cm per condurre questi studi e intende indagare più a fondo utilizzando telescopi con aperture più grandi, come il telescopio Subaru o altri.
E' interessante notare come questa scoperta sia stata fatta su un pianeta che orbita assai vicino alla sua stella, 1/28 della distanza Terra-Sole, in  soli 3.3 giorni terrestri. Lo studio della composizione atmosferica di questo pianeta è molto promettente grazie alla mancanza dell'interferenza causata dalla presenza di spesse nubi nella sua atmosfera.
Lo studio della chimica di questo pianeta e della sua atmosfera potrebbe dare anche importantissime risposte nell'ambito degli studi sulla migrazione planetaria all'interno dei sistemi.
Se scoprissimo metano o acqua sarebbe la possibile prova di un'origine più lontana del pianeta dalla sua stella (dove metano e acqua sono più abbondanti e possono ghiacciare), su un'orbita più ampia decaduta in seguito, provando una migrazione del pianeta verso l'interno del sistema. Al contrario, l'eventuale assenza di queste sostanze sarebbe una possibile prova della sua formazione nelle immediate vicinanze della stella, alimentando ancora una volta il dibattito sulla dinamica delle migrazioni dei pianeti.


4.6.13

PROXIMA CENTAURI: CACCIA AI PIANETI

Ricorderete tutti l'annuncio epocale che nell'ottobre scorso fece esultare i cacciatori di esopianeti di tutto il mondo: era stato scovato un pianeta attorno al sistema stellare più vicino al nostro Sole (Alfa Centauri,4.366 ± 0.007 anni luce dal Sole)
. Generazioni di astronomi cercarono per decenni senza successo un pianeta in quel sistema, ma alla fine venne rilevato. Venne scoperto un rovente pianeta di taglia terrestre, ma anche se non ospitale per la vita si trattò pur sempre una scoperta storica con implicazioni importantissime per il futuro dell'esplorazione dello spazio profondo.

La cosa interessante è che il sistema denominato Alfa Centauri è costituito da tre stelle : Alfa Centauri A, Alfa Centauri B e Proxima Centauri. Il pianeta, denominato Alfa Centauri Bb, ruota attorno alla componente B del sistema. Le componenti A e B ( di tipo solare) sono organizzate in una coppia attorno alla quale, a grandissima distanza (ben 0,23 a.l. ovvero circa 15.000 UA) ruota la terza componente nota come Proxima Centauri.
Hubble ha già sondato lo spazio nei pressi di Proxima Centauri senza successo. Ma gli astronomi sono convinti (...e si augurano) che qualcosa ci sia ed intendono vederci il più chiaro possibile.

Nell'ottobre del 2014 e nel febbraio del 2016 si creeranno le condizioni ottimali per poter sfruttare un evento tanto raro quanto potente per scovare pianeti extrasolari.
Si tratta della tecnica nota come microlensing gravitazionale. Questa tecnica sfrutta la curvatura della luce proveniente da una sorgente lontana ad opera di una grande concentrazione di massa a patto che la sorgente lontana e la massa perturbante siano prospetticamente allineati lungo la linea di vista dell'osservatore: in questo caso la luce della stella sullo sfondo sarà deviata da Proxima grazie al loro allineamento prospettico. L'immagine della stella sullo sfondo può essere distorta, amplificata o moltiplicata a seconda del tipo di allineamento. L'allineamento può durare da qualche ora a qualche giorno ed è irripetibile a causa della casualità dell'evento; da qui l'importanza di farsi trovare preparati. Considerando il grado di curvatura della luce sarà possibile determinare con grande precisione la massa di Proxima, la sua composizione superficiale, il diametro, la luminosità intrinseca e l'età.

Immagini delle stelle sullo sfondo ( 'alle spalle' di Proxima) verranno raccolte da Hubble prima e durante l'evento in modo da poter misurare l'entità del loro spostamento durante l'evento, rispetto alla loro reale posizione in condizioni normali. L'entità di questo spostamento sarà una misura diretta del campo gravitazionale di Proxima. Se attorno a Proxima orbitano dei pianeti, anche di piccola taglia, la loro presenza sarebbe notata come un ulteriore leggero spostamento delle stelle sullo sfondo.
Un ulteriore aspetto che rende Proxima degna di una ricerca accanita di pianeti è la sua condizione. Si tratta infatti di una nana rossa, la tipologia di stella che costituisce quasi il 70% delle stelle della nostra galassia; inoltre le nane rosse sono stelle di piccola taglia che producono piccoli pianeti e sono moltissimi i pianeti scoperti attorno a questo tipo di stella. La speranza è quella di trovare un pianeta di taglia terrestre attorno a Proxima. Non rimane che aspettare.


3.6.13

HD 95086 b : NUOVE TECNICHE E NUOVE SORPRESE

Quello di cui parliamo oggi è uno dei pochi (sugli ormai moltissimi pianeti scoperti) pianeti fotografati direttamente mentre orbitano attorno alla loro stella.
Si tra di HD 95086 b, un mondo giovanissimo a 300 anni luce da noi.

Scoperto da un'equipe di astronomi del VLT (Very Large Telescope), questo pianeta avrebbe una massa pari a 4 o 5 masse gioviane ed orbiterebbe a 56 UA dalla stella madre.
La sua particolarità è quella di essere con ogni probabilità il più 'leggero' tra i pianeti extrasolari oggi conosciuti. Questo perchè i gas che lo comporrebbero sarebbero estremamente rarefatti.
Per ottenere l'immagine del pianeta, gli astronomi hanno utilizzato NACO, un nuovo strumento che accoppiato al VLT permette di eliminare le distorsioni atmosferiche ed ottenere un'immagine molto nitida. Il team, osservando il sistema nell'infrarosso, ha anche testato una nuova tecnica di osservazione che eleva il contrasto tra la stella madre ed il pianeta detta imaging differenziale (eccellentemente spiegata qui).
HD 95086 nella costellazione della Carina
Il pianeta orbita attorno alla giovanissima stella HD 95086, un astro di 10-17 milioni di anni appena. La stella è leggermente più massiccia del Sole ed ospita attorno a sè un disco di detriti, molto simile a quello in orbita attorno a Beta Pictoris. Lo studio di questo sistema è assai importante per la comprensione della formazione dei sistemi planetari.
Il dato che più ha impressionato gli astronomi è la giovanissima età del sistema. Infatti si riteneva assai improbabile la formazione di un pianeta di grande massa in così poco tempo. 
A questo proposito sono state formulate due teorie per cercare di svelare questo mistero, entrambe ancora in attesa di prove. 
La prima afferma che il pianeta si sarebbe formato dall'accumulo di una grande quantità di gas del disco attorno ad un piccolo nucleo roccioso formatosi secondo la classica teoria dei planetesimi. La seconda, che se verificata sarebbe rivoluzionaria, affermerebbe che l'intero pianeta si sarebbe formato da un piccolo nucleo gassoso originario generato da un collasso gravitazionale nel disco. Secondo quest'ultima teoria l'intero pianeta sarebbe composto esclusivamente da gas. 
La luminosità della stella indicherebbe una temperatura superficiale del pianeta prossima ai 700°C, temperatura che permetterebbe la coesistenza di metano e vapore acqueo nella sua atmosfera.
Lo studio dettagliato del pianeta è appena cominciato e si attendono con ansia gli strumenti di nuova generazione per una comprensione ancora migliore dell'intero sistema.


Articolo

14.5.13

LA REALTA' E' COMPOSTA ANCHE DALL'INCREDIBILE...

Come abbiamo avuto modo di constatare negli ultimi anni, le più grandi scoperte nell'ambito della ricerca e dello studio dei pianeti extrasolari sono giunte sempre nei modi più bizzarri e con le più disparate tempistiche.
La scoperta di cui parliamo oggi non fa eccezione.
Ci siamo abituati a scoprire pianeti attorno a molti tipi di stelle, siano esse singole o multiple, ma che dire se ad essere scoperti sono i detriti di uno o più pianeti terrestri in orbita attorno ad una coppia di nane bianche?

Una nana bianca è una stella di massa solare ormai al termine della sua attività e all'inizio della sua lunghissima fase di spegnimento. Sebbene abbiano una dimensione simile a quella terrestre, posseggono una massa prossima a quella del Sole divenendo dunque oggetti molto densi e caratterizzati da una forte gravità. Le vicende di queste stelle ci interessano da vicino in quanto rappresentano ciò che succederà al nostro Sole tra qualche miliardo di anni.
L'ormai leggendario Hubble Space Telescope continua a regalarci scoperte e visioni dell'Universo che fanno impallidire il più incredibile film di fantascienza mai concepito dal più geniale scrittore di fantascienza mai esistito sulla Terra.
Questa volta le sue lenti hanno fatto luce sul sistema stellare doppio in questione (costituito dalle due nane bianche WD 0421+162 e WD 0431+126) posto nell'ammasso aperto delle Iadi, a soli 150 anni luce dal Sole.
E' interessante notare innanzi tutto come dei quasi 900 esopianeti scoperti solo 4 orbitino attorno a stelle facenti parte di ammassi.
Le osservazioni spettroscopiche di Hubble hanno messo in luce la presenza di silicio nelle atmosfere di queste due vecchie stelle; il silicio è particolarmente abbondante in pianeti rocciosi di tipo terrestre e la nostra Terra non fa eccezione.



Il silicio osservato potrebbe provenire da asteroidi disintegrati dall'attrazione gravitazionale del sistema stellare che costituirebbero un anello di materiale attorno alla coppia di astri. Si tratterebbe in particolare di asteroidi con diametri medi di circa 160 km e pulviscolo in caduta libera verso le due stelle. La scoperta di questo anello di materiale indicherebbe la presenza in origine di pianeti rocciosi, molti dei quali evidentemente andati distrutti..ma qualcuno potrebbe essere sopravvissuto ed essere oggi ancora presente.
A conferma della natura rocciosa dei detriti è stata l'ulteriore scoperta di carbonio grazie al potente spettrografo COS di Hubble che ha studiato il sistema nell'ultravioletto, difficilmente indagabile con i telescopi a terra.
La situazione del sistema è simile a quella precedentemente scoperta attorno alla nana bianca G29-38 (ZZ Psc).
In definitiva, abbiamo le prove che molto probabilmente la formazione di dischi protoplanetari e pianeti all'interno di ammassi stellari potrebbe essere una realtà tutt'altro che rara e che anche le nane bianche possono (e devono...) essere incluse come target per la ricerca di pianeti.

Articolo:
http://www.nasa.gov/mission_pages/hubble/science/hyades-dwarf.html
http://arxiv.org/abs/1304.2638
http://arxiv.org/abs/1302.6992

19.4.13

KEPLER 62e E KEPLER 62f : TANTA ACQUA E TANTE SPERANZE

Kepler ha scovato recentissimamente due pianeti di taglia terrestre che potrebbero avere tutte le carte in regola per ospitare forme di vita.

Non sono i primi ad essere considerati potenzialmente abitabili, ma sicuramente sono ora in cima alla lista.
I due pianeti appartengono ad un unico sistema planetario che orbita attorno alla stella di tipo solare Kepler-62.
Questo astro, classificato K2 e situato nella costellazione della Lira a 1200 anni luce da noi, ha una massa pari a 2/3 di quella del nostro Sole ed una luminosità pari ad 1/5. Il sistema planetario è composto da ben 5 pianeti: 3 orbitano troppo vicini alla loro stella (e dunque sono ritenuti inadatti ad ospitare forme di vita a causa dell'eccessivo calore superficiale) ed i 2 pianeti più esterni sono l'oggetto di questo approfondito studio.
Questi ultimi due pianeti, Kepler-62e e Kepler-62f, orbitano all'interno della zona di abitabilità del sistema e la loro taglia ridotta ha catturato l'attenzione degli astronomi.

Gli astronomi autori della scoperta suggeriscono che questi due pianeti possano essere 'pianeti oceano', ovvero pianeti interamente ricoperti da un profondo oceano e senza terre emerse.
Kepler-62e possiede una massa pari a 1.6 volte quella terrestre e rivoluziona in 122.4 giorni mentre Kepler 62f ha una massa pari a 1.4 volte quella della Terra ed il suo anno dura 267.3 giorni.

Se Kepler 62e avesse un'atmosfera di tipo terrestre sulla superficie ci sarebbero circa 30°C, mentre su Kepler-62f ci sarebbero -28°C. A causa delle caratteristiche della stella ed alla sua relativa vicinanza ai pianeti, se fossimo sulla superficie di questi due pianeti vedremmo un sole angolarmente più grande di quello che vediamo sulla Terra, ma la bassa luminosità della stella darebbe la sensazione di camminare per strada in un giorno nuvoloso.

Molto probabilmente Kepler-62e è un mondo caldo ed umido con un cielo molto nuvoloso e Kepler-62f è un pianeta più freddo ma comunque abitabile. La bella notizia è che i due pianeti mostrano un colore differente durante le analisi: questo dettaglio è alla base per lo studio di indicatori di attività biologica di qualche genere.
Restano da analizzare le atmosfere di questi due interessantissimi pianeti, che molto possono dirci sulla struttura, sulla composizione e sull'abitabilità di questi mondi.

Left to right: Kepler-22b, Kepler-69c, Kepler-62e, Kepler-62f, and Earth


Articolo
Fonti:
http://www.cfa.harvard.edu/news/2013/pr201311.html
http://www.sciencemag.org/content/early/2013/04/17/science.1234702
http://www.nasa.gov/mission_pages/kepler/news/kepler-62-kepler-69.html

29.3.13

TATOOINE, TRA SCIENZA E FANTASCIENZA.

Gli amanti della fantascienza ed in particolare i fan di Guerre Stellari ricorderanno sicuramente Tatooine, pianeta natale della famiglia Skywalker.
Nell'Universo fantascientifico di Guerre Stellari questo mondo dalla vita travagliata orbita attorno ad un sistema stellare binario.
Ma come spesso si dice la fantascienza anticipa la scienza....ed ecco spuntare i primi veri Tatooine!

Il 13 luglio 2005 l'astronomo M. Konachi scoprì un pianeta orbitante attorno ad un sistema stellare triplo, HD188753, distante 149 anni luce, in direzione della costellazione del Cigno. Questo mondo rappresentò il primo pianeta orbitante attorno ad un sistema stellare multiplo mai scoperto. Konachi si riferì a pianeti di questo genere come 'pianeti Tatooine', in onore del fantascientifico pianeta.
Più recentemente, il 14 giugno 2011, il South African Astronomical Observatory scoprì per la prima volta due pianeti orbitanti attorno ad una coppia stretta di soli nota come UZ For, molto simili a quelli di Tatooine.
A 200 anni luce dal Sole in direzione della costellazione del Cigno, il pianeta Kepler-16b orbita attorno ad una coppia di soli; il pianeta è stato nominato informalmente 'Tatooine'.

Ma la vera notizia di questi giorni è che un pianeta posto in una condizione simile a quella di Tatooine è stato osservato e fotografato dal VLT.

Il sistema stellare 2M0103 ritratto dal VLT.
La freccia verde indica la posizione dell'oggetto nel 2002.
Il pianeta in questione è un mondo di dimensioni enormi, tant'è che gli astronomi non sono ancora in grado di classificarlo. Potrebbe trattarsi di un pianeta gioviano gigante o di un oggetto substellare, o come lo hanno definito alcuni uno dei pianeti più grandi mai scoperti o una delle stelle più piccole mai osservate.
L'oggetto in questione è denominato 2MASS0103(AB)b, ha una massa di 12-14 volte quella del nostro Giove ed orbita a circa 84 UA dai suoi due soli. Grazie ad una serie di dati in archivio e alle nuove immagini del VLT gli astronomi hanno potuto ricostruire l'orbita dell'oggetto appurando la sua appartenenza al sistema stellare binario e la sua origine (compatibile con la teoria del disco di accrescimento) nei pressi della coppia di stelle. La coppia di soli è costituita da stelle di classe M e di piccola massa.
Soltanto l'approfondita analisi chimica dell'oggetto, attualmente in corso, ci dirà se si tratta di una piccolissima stella o di un enorme pianeta. 

15.3.13

HR 8799: UNO SCRIGNO DI SORPRESE

A 128 anni luce dalla Terra c'è un sistema planetario che ha lasciato sbalorditi gli astronomi che lo hanno studiato a fondo come mai è accaduto in precedenza.
Si tratta di uno studio che rimarrà nella storia: mai prima d'oggi si era riusciti a studiare un intero sistema planetario i cui pianeti sono stati tutti osservati direttamente e per ognuno, grazie alla rilevazione della luce da loro emessa, è stato possibile raccogliere lo spettro.


Si tratta di un sistema di quattro pianeti in orbita attorno alla stella HR 8799 che per essere studiato con l'accuratezza voluta ha richiesto l'istituzione di un vero e proprio progetto, il 'Project 1640'.
Questo progetto si avvale della strumentazione più avanzata oggi disponibile in materia di studio di pianeti extrasolari; in particolare è stato utilizzato un avanzatissimo sistema di ottica adattiva (in grado di correggere milioni di volte al secondo le turbolenze atmosferiche terrestri) accoppiato con un coronografo (uno strumento che elimina la luce abbagliante della stella madre, milioni di volte più intensa di quella riflessa dai suoi pianeti) ed uno spettrografo che genera decine di immagini del sistema ogni secondo. Lo scopo del progetto è quello di studiare circa 200 stelle sparse in un raggio di 150 anni luce dal Sole.
Come spesso abbiamo detto in precedenti post, l'unico modo che attualmente abbiamo per conoscere la composizione chimica e le caratteristiche di questi mondi è l'analisi spettrale della luce che ci arriva direttamente dagli esopianeti.
Ma allora cosa hanno osservato gli astronomi negli spettri di questi quattro mondi?
Hanno osservato 'situazioni chimiche' legate a questi quattro pianeti davvero inusuali per le conoscenze attuali, considerando che si tratta di mondi con temperature tutto sommato non estreme.
Le molecole di metano ed ammoniaca che ci si aspettava di trovare coesistenti su un pianeta in rapporti variabili, sono state osservate sottoposte a dinamiche separate: un pianeta presenta solo una delle due molecole e non entrambe contemporaneamente. E' stata rilevata anche l'anidride carbonica e soprattutto una molecola mai vista prima su un pianeta extrasolare, l'acetilene!
E' interessante notare come i 4 pianeti di tipo gioviano in orbita attorno a HR 8799 siano posizionati alla medesima distanza dalla stella alla quale si trovano i 'nostri' giganti gassosi (Giove, Saturno, Urano e Nettuno).
Inoltre si tratta dei primi spettri di pianeti gioviani orbitanti a grandi distanze dalla loro stella.
I quattro pianeti hanno quattro spettri completamente diversi l'uno dall'altro: su HR 8799b c'è tutto tranne il metano, su HR 8799c mancano il metano e l'anidride carbonica, su HR 8799d invece manca l'ammoniaca e su HR 8799e mancano ammoniaca e metano.
Una cosa pare accomunarli tutti e quattro: la marcata componente rossa dello spettro indica che i loro cielo è parzialmente nuvoloso.
La stella del sistema invece varia la sua luminosità dell'8% in un paio di giorni ed emette una dose di raggi UV circa 1000 volte maggiore di quella irradiata dal nostro Sole. E' grande 1.6 volte il Sole ed è complessivamente circa 5 volte più luminosa.
Tornando ai pianeti, possiamo affermare che si tratta di mondi non adatti alla vita come la conosciamo. Coi loro 700°C, la dose di radiazione quotidiana e la loro composizione chimica è davvero difficile pensare alla presenza di forme di vita.

Articolo: “Reconnaissance of the HR 8799 Exosolar System I: Near IR Spectroscopy“, di B. R. Oppenheimeret al.

21.2.13

KEPLER-37b: IL PIU' PICCOLO ESOPIANETA

Fino a pochissimi anni fa pensare di scoprire un esopianeta di taglia terrestre era più simile alla fantascienza che alla scienza. Oggi conosciamo centinaia di pianeti di con masse simili a quella terrestre ed il limite tra scienza e fantascienza si è spostato verso oggetti più piccoli, come le esolune o pianeti ti taglia lunare o mercuriana.

In questi giorni è caduto anche questo limite. A sbriciolarlo è Kepler-37b, un pianeta con dimensioni intermedie tra la Luna e Mercurio. Orbita attorno alla sua stella di tipo solare (distante 210 anni luce nella costellazione della Lira e leggermente più piccola del nostro Sole) con altri due pianeti di taglia terrestre, Kepler-37c e Kepler-37d, rispettivamente con un raggio pari a 0,742 e 1,99 volte quello della Terra.

Fino ad oggi gli astronomi che analizzano i dati di Kepler non si sarebbero mai aspettati di poter rilevare un pianeta così piccolo col metodo del transito. L'ottima vista di Kepler e l'eccezionale raffinatezza con cui gli astronomi del Nasa Ames Research Center analizzano i dati ha reso possibile questo piccolo miracolo. Gli astronomi avevano previsto questo genere di pianeti ma non erano neanche sicuri di poterli osservare con le tecnologie a disposizione attualmente. Infatti per poter osservare un corpo celeste così piccolo in transito davanti alla sua stella si devono verificare moltissime fortunate coincidenze: il corretto posizionamento del piano orbitale affinchè si verifichi il transito, la corretta lunghezza d'onda, un ragionevole periodo orbitale e così via. Gli autori della scoperta dicono a questo proposito che se anche tutte le stelle catalogate da Kepler possedessero un pianeta tipo Kepler-37b, esso si renderebbe rilevabile solo nello 0.5% delle osservazioni.
Il pianeta in questione è molto probabilmente un corpo celeste desolato e senza atmosfera come la Luna o Mercurio, dunque parrebbe scontata l'assenza di acqua liquida e la sua inospitalità. Inoltre il pianeta risulta essere vicino alla sua stella, il più interno tra i pianeti del suo sistema, rendendo la superficie sicuramente molto calda (circa 700 K) . La distanza che lo separa dalla sua stella è circa un terzo di quella che separa Mercurio dal Sole, facendo compiere al pianeta un'orbita completa in 13 giorni.
A prescindere dalle condizioni non favorevoli alla vita, il risultato raggiunto dagli astronomi è un enorme successo che aprirà la strada alla rilevazione di grandi lune attorno a pianeti gioviani e alla scoperta di pianeti sempre più piccoli e difficili da rilevare.

19.2.13

STUDIARE L'ATMOSFERA DI UN ESOPIANETA: GJ 1214b

Nel 2009, per mezzo dell'Hubble Space Telescope, gli astronomi hanno scoperto l'esopianeta GJ 1214b in orbita attorno alla stella GJ 1214, distante 42 anni luce dal Sole nella costellazione dell'Ofiuco.
Questo pianeta è il prototipo di una nuova classe di pianeti extrasolari di taglia compresa tra quella della Terra e quella di Urano, caratterizzati da un'atmosfera ricchissima d'acqua.
Dalle prime osservazioni effettuate, non si capiva però se il pianeta fosse un mini-Nettuno con una spessa atmosfera di idrogeno ed elio oppure un pianeta oceano grande tre volte la Terra.
Per svelare l'arcano, Jacob Bean, un professore associato dell'Università di Chicago ha utilizzato un nuovo metodo di ricerca chiamato 'spettroscopia multi-oggetto' (MOS) avvalendosi delle osservazioni compiute dai più grandi telescopi terrestri. La tecnica permette di raccogliere gli spettri di centinaia di oggetti celesti simultaneamente. Il team guidato da Bean ha cercato di capire se il pianeta fosse realmente un gigante gassoso come immaginato o qualcosa di completamente differente, cioè un mondo con un'atmosfera prevalentemente composta da acqua.
Questo studio è ritenuto talmente importante che l'Hubble Space Telescope si è prestato allo studio del pianeta per un tempo 4-5 volte superiore a quello normalmente concesso. Bean, tramite l'utilizzo della spettroscopia di trasmissione, analizzerà la composizione atmosferica del pianeta con una precisione senza precedenti.
Tutto ciò servirà ad uno scopo ancora più importante: la ricerca di segnali chimici atmosferici generati da attività biologiche.
I primi dati farebbero pensare ad un pianeta oceano, ma ancora non si può dire con certezza. Intanto GJ 1214b sarà un ottimo banco di prova per determinare l'efficacia di questa tecnica e l'affidabilità della strumentazione, aprendo la strada allo studio intensivo e dettagliato delle atmosfere extrasolari.

14.1.13

PIANETI ATTORNO A VEGA?

La recentissima scoperta della lacuna nel disco di polveri attorno alla stella PDS70 aveva tranquillizzato gli astronomi in quanto, per la prima volta dopo tanti colpi di scena, confermava quanto predetto dalla teoria. La teoria sulla formazione planetaria infatti affermava che, ad un certo punto, i pianeti in formazione nel disco di polveri della stella avrebbero cominciato ad assorbire i gas e le polveri lungo le loro orbite, pulendole ed  andando a generare queste lacune. Queste lacune prendono la forma di anelli concentrici corrispondenti alle orbite di questi pianeti.
Nel caso di PDS70 gli astronomi hanno concluso che all'interno della lacuna (che possiede peraltro un raggio simile a quello del nostro sistema planetario) vi siano numerosi pianeti che stanno pulendo le loro orbite.
Quanto detto rappresenta il precedente. Oggi gli astronomi annunciano che un qualcosa di molto simile è in atto dalle parti di Vega.
Vega è la seconda stella più luminosa dell'emisfero boreale ed una delle più luminose in assoluto dell'intero cielo. Appartiene alla costellazione della Lira, di cui è la stella più luminosa.

Le immagini ad alta risoluzione riprese dal telescopio spaziale Spitzer che mostrano
Vega nell'infrarosso, rispettivamente a 
λ=24 µm (sinistra) e λ=70 µm (destra). NASA
La presenza di un disco e di pianeti attorno a questa stella è stata teorizzata da molto tempo e prevista da vari film di  fantascienza; celeberrima ed accurata è la magistrale sequenza del film Contact (1997) tratta dal racconto dell'astronomo Carl Sagan (1985).
Grazie ai dati raccolti si è arrivati a concludere che attorno a Vega vi siano due cinture, simili nella struttura alla nostra Fascia di Kuiper ma assai più massive.

Immagine in falsi colori ripresa dalla camera SCUBA del JCMT che
mostra le strutture del disco di Vega; 
* indica la posizione della stella,
mentre × la probabile posizione e direzione dell'ipotetico pianeta.
La prima struttura, interna e calda, è situata nei pressi della stella mentre la seconda, più fredda, si trova ai confini del sistema. Tra le due fasce si estende una grande lacuna in cui gli astronomi sono convintissimi di trovare un gran numero di pianeti.

Stessa situazione è in corso attorno alla stella Fomalhaut, diciottesima stella più luminosa del cielo e la più brillante nella sua costellazione (Pesce Australe). Attorno a quest'ultima stella era già stata scoperto il pianeta Fomalhaut b.



L'imponenza delle cinture di polveri e detriti di queste due stelle, assai più giovani del Sole, fanno pensare ad una loro origine posta in una nube di gas molto più grande di quella che ha generato il nostro astro. Entrambe le stelle distano circa 25 anni luce dal Sole.



9.1.13

COMETE DI ALTRE STELLE

Anche se non abbiamo ancora compreso bene cosa succeda ai confini del nostro Sistema Solare, nella tanto lontana quanto misteriosa Nube di Oort, siamo ormai in grado di capire piuttosto bene cosa succede ai confini di altri sistemi planetari.
Ciò è possibile grazie alla posizione privilegiata di noi osservatori terrestri: è più facile osservare da lontano e nel suo insieme una stella ed il suo ambiente piuttosto che ricostruirlo essendone parte.
Sebbene si sappia della presenza di comete nei dischi di polveri attorno ad alcune stelle giovani e vicine già dal 1987 ( caso di Beta Pictoris ), resta difficile osservarne con chiarezza le tracce.
La difficoltà è insita nelle dimensioni delle comete ( tipicamente di poche decine di km di diametro), nella loro distanza da noi e nel fatto che, se il sistema è tutto sommato in quiete, le interazioni sono rare.
La loro osservazione può avvenire in due casi: quando in un sistema caotico è in corso un bombardamento e le comete si scontrano tra loro e su eventuali pianeti oppure quando vengono deviate dalla loro orbita e precipitando verso l'astro cominciano ad evaporare emettendo tipiche righe in assorbimento.

Un gruppo di astronomi ha indagato proprio questo tipo di ambienti ed ha scoperto 6 esocomete, notando delle piccole variazioni giornaliere nelle righe di assorbimento prodotte da questi corpi celesti in caduta attorno a stelle che possiedono un importante ed esteso disco di polveri.
Si tratta di stelle di tipo A molto giovani (5 milioni di anni) come 49 Ceti (HD9672), 5 Vulpeculae (HD182919), 2 Andromedae, HD42111, HD110411.
Secondo gli astronomi, il fatto che queste comete vengano deviate dalle loro orbite indicherebbe la presenza di pianeti all'interno di questi dischi  in quanto sarebbero gli unici oggetti tanto massivi da poterle deviare dalle loro orbite. 

7.1.13

PH2-b : TEMPO LIBERO E GRANDI SCOPERTE

Per i cacciatori di esopianeti il 2013 non sarebbe potuto cominciare meglio.
L'ormai famigerato sito Planet Hunters ci ha già regalato nell'ottobre del 2012 una magnifica scoperta : PH1.
Il pianeta, scoperto 'comodamente' da casa analizzando la curva di luce raccolta da Kepler e messa a disposizione del pubblico dal progetto Planet Hunters, possiede ben quattro soli e orbita tranquillamente in questo affollato sistema lasciando gli astronomi sbalorditi.
Ma ciò che è stato annunciato oggi rappresenta un'importantissima evoluzione di questo scenario.

Alba da un'ipotetica luna terrestre in orbita attorno a PH2-b
Planet Hunters rende noto che è stato scoperto un pianeta di taglia gioviana orbitante attorno ad una stella di tipo solare ( KIC 12735740 ). Il pianeta è stato chiamato PH2-b e la sua presenza è stata confermata in ultima istanza anche dal telescopio Keck delle Hawaii, dotato dei più avanzati strumenti oggi disponibili per la caccia a questi esopianeti.
Un dato importantissimo è la temperatura superficiale di questo pianeta : 46°C. L'importanza di questo dato risiede tutta nella speranza che possieda grandi lune dotate di atmosfera e ricche d'acqua.
Ma le sorprese non finiscono qui. 
Planet Hunters ha annunciato la scoperta di 34 pianeti a lungo periodo (>100 giorni), 20 dei quali posti nelle zone abitabili dei loro sistemi. Si ritiene che, di questi 20, la maggioranza sia di taglia nettuniana; uno di questi pianeti però orbiterebbe nella zona di abitabilità del suo sistema (KIC4947556) ed avrebbe un raggio pari a 2.6 volte quello terrestre, rendendolo di fatto una Super-Terra più che un piccolo Nettuno.
L'enorme importanza di PH2-b e degli altri grossi pianeti gassosi posti nelle zone abitabili dei loro sistemi risiede nella possibilità che essi posseggano grandi lune su cui possa essere presente acqua liquida e vita.
Vi sono 9 ulteriori pianeti di cui sono stati osservati ad oggi solo due transiti; secondo la regola si rende necessaria l'osservazione del terzo transito per avere la conferma dell'effettiva esistenza. L'attuale mancata conferma 'ufficiale' è da attribuirsi ai loro lunghi periodi orbitali (>400 giorni), una vera rarità nel panorama dei quasi 900 pianeti extrasolari oggi noti.

Qui sotto sono tabulati tutti i 43 pianeti scoperti: