8.1.14

GEMINI PLANET IMAGER: VISTA ACUTA ED E' SUBITO MAGIA.

Oggi conosciamo oltre 1000 pianeti extrasolari e altre migliaia sono in attesa di essere confermati. Di quelli noti, una piccolissima percentuale è stata fotografata direttamente tra mille difficoltà ed a bassissima risoluzione. 
Entra ora in gioco una nuova meraviglia dell'ingegno umano: la Gemini Planet Imager (GPI). Si tratta di uno strumento grosso come un'utilitaria che sfrutta quanto di più avanzato oggi è stato creato per la ricerca dei pianeti extrasolari: un telescopio da 8 metri, ottiche adattive, puntamento laser, un avanzatissimo coronografo ed uno spettrografo.
La GPI è accoppiata al Telescopio Gemini South: un telescopio da 8 metri di apertura posto in Cile.
Le ottiche adattive sono costituite da specchi che si deformano all'occorrenza per contrastare all'istante la distorsione dell'immagine generata dalla turbolenza atmosferica. Le più potenti ottiche adattive correggono l'immagine centinaia di volte al secondo. Il risultato è una straordinaria nitidezza delle immagini, paragonabile quasi all'immagine acquisita dallo spazio, senza l'interferenza dell'atmosfera terrestre.
Il puntamento laser fa da guida alle ottiche adattive: il fascio proiettato in cielo dal telescopio analizza gli strati turbolenti dell'atmosfera comunicando la correzione alle ottiche adattive. Inoltre migliora notevolmente la precisione nel puntamento dello strumento.
Il coronografo è uno strumento che per decenni è stato utilizzato su un'unica stella con pianeti: il Sole. Oggi il nostro Sole è solo uno tra le migliaia di soli noti e lo strumento è stato adattato e migliorato per schermare la luce di quelle stelle e permettere così il rilevamento della preziosa luce proveniente dagli esopianeti. Infatti la luce stellare è milioni o miliardi di volte più intensa di quella emessa ( o riflessa) dai pianeti, rendendo arduo l'isolamento del loro segnale. Oggi coronografi avanzati come quello del Gemini sono in grado di isolare quella luce con relativa facilità.
Lo spettrografo del Gemini Telescope, di indicibile sensibilità, riceve la luce del pianeta e la analizza per caratterizzarne l'atmosfera, la composizione, la temperatura ed una miriade si altre proprietà chimico fisiche.
Tutti questi strumenti assieme hanno avuto recentissimamente l'occasione di lavorare assieme generando una prima luce che passerà alla storia. Oggi il 'metodo di caccia' più proficuo è il metodo del transito (che necessita però di un allineamento tra il piano orbitale degli esopianeti e la nostra linea di vista, fatto che genera un passaggio del pianeta di fronte alla sua stella), seguito da altri come 'microlensing gravitazionale' e 'varazione del tempo di emissione di una pulsar' (ed altri ancora). Ma la vera sfida del futuro sarà fotografare direttamente questi pianeti con quanto più dettaglio possibile. Il risultato ottenuto dalla GPI è sicuramente un passo deciso in quel senso, essendo nell'insieme almeno 8 volte più sensibile dei più avanzati sensori oggi disponibili. Guardate il dettaglio: sulla sinistra la foto composita di Europa presa da 3 sonde spaziali (Galileo, Voyager 1 e 2) comparata con ciò che può fare la GPI dalla Terra, a destra.


Gli oggetti scelti per la prima luce del nuovo strumento sono due vecchie conoscenze : il pianeta Beta Pictoris b e il disco di polveri attorno alla stella HR 4796A. 



Grazie all'osservazione nel vicino infrarosso, nonostante il denso disco di polveri orbitante attorno alla giovane stella, è stato possibile isolare l'emissione termica del pianeta. L'emissione è il calore residuo emesso dal processo di formazione, quasi sicuramente ancora in corso.



Ecco il disco di polveri illuminato dalla 
luce della giovane stella HR 4796A.
Gli astronomi ritengono che il disco 
illuminato sia composto da asteroidi e 
comete allontanati verso le zone periferiche del disco a seguito di un processo di formazione planetaria in atto o già concluso.
L'immagine sulla sinistra mostra la visione del sistema il luce infrarossa normale, includendo quindi il disco di polveri e la luce stellare diffusa dalla turbolenza terrestre. L'immagine sulla destra mostra invece la medesima scena solamente in luce polarizzata.

La GPI sarà sicuramente uno di quegli strumenti che rivoluzionerà la caratterizzazione dei pianeti extrasolari del futuro.


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