28.1.15

IL PIU' ANTICO SISTEMA CONOSCIUTO POSSIEDE 5 PIANETI TERRESTRI

Spesso quando parliamo di sistemi planetari prestiamo più attenzione alla loro struttura che alla loro età. Questa scoperta sottolinea l'estrema importanza dell'aspetto temporale, che ci dice molto sulle dinamiche e sulle origini di un sistema planetario.
Partendo dal presupposto logico che un pianeta non può essere più antico della stella attorno a cui orbita (a meno di pianeti vaganti catturati dalla gravità di una giovane stella), l'età del pianeta è stimata partendo appunto dall'età della stella madre del sistema.
Fino a circa 10 anni fa era accettata l'idea che un sistema planetario impiegasse come minimo svariate centinaia di milioni di anni a formarsi. Questa teoria venne sistematicamente demolita man mano che la casistica dei sistemi planetari noti e confermati aumentava al ritmo di centinaia ogni anno. Oggi conosciamo stelle di pochi milioni di anni d'età con un sistema planetario in avanzato stato di formazione. Di pari passo è mutata la teoria secondo cui i pianeti rocciosi di tipo terrestre impiegassero miliardi di anni per potersi formare e per poter giungere allo stato attuale della Terra (o di Mercurio, Venere e Marte). Tra le centinaia di sistemi planetari oggi noti, molti di quelli giovanissimi (poche decine di milioni di anni) possiedono già pianeti di tipo terrestre, demolendo ancora una volta una teoria che pareva consolidata.
Alla luce di queste scoperte possiamo quindi concludere che un sistema planetario impiega come minimo pochi milioni di anni a formarsi e che i pianeti di tipo terrestre vengono ultimati in poche decine di milioni di anni. I tempi e la struttura del sistema planetario dipendono sempre e comunque dalla massa e dalla composizione del disco protoplanetario originario.
Parliamo spesso di dischi protoplanetari e pianeti attorno a stelle giovani, ma cosa sappiamo dell'età dei pianeti in questione? Ragioniamo su scala cosmologica: l'universo ha poco più di 13 miliardi di anni e quindi possiamo ragionevolmente presumere che in questo lungo lasso di tempo il cosmo abbia prodotto svariate generazioni di pianeti rocciosi. In altre parole: un sistema planetario ha avuto modo di nascere, ultimarsi, riordinarsi e distruggersi più e più volte in base al tipo di stella presente nel suo centro. Eppure la scoperta di cui parliamo oggi ha semplicemente dell'incredibile perchè pur parlando di un periodo estremamente lontano nel tempo, ci racconta da vicino la nostra condizione: una stella di tipo solare con attorno almeno 5 pianeti rocciosi.
Il merito della scoperta è naturalmente da attribuire a Kepler, che ha indagato nelle vicinanze di una stella di tipo solare nota come Kepler-444 distante 117 anni luce ( nella costellazione della Lira ) ed il 25% più piccola del nostro astro.
L'aspetto più importante di questo astro è però l'età, stimata in 11,2 miliardi di anni, pari a più del doppio dell'età attuale del Sole. Quando questa stella nacque, l'universo aveva all'incirca 2,5 miliardi di anni, era grande meno di 1/5 di oggi e la Via Lattea era ancora una galassia in formazione. Si tratta di una delle stelle più vecchie che conosciamo e la cosa incredibile è che attorno ad essa orbitano almeno 5 pianeti rocciosi di taglia terrestre.

La posizione dei pianeti nei sistemi planetari più compatti
conosciuti paragonata a quella dei pianeti del sistema solare.
La taglia dei pianeti è compresa tra quella di Mercurio e quella di Venere e completano tutti un orbita al massimo in 10 giorni terrestri.
Secondo la classificazione attuale i pianeti di questa taglia sono definiti "pianeti terrestri" in quanto sono di dimensioni paragonabili a quelle del nostro mondo.
La brevità del loro anno li colloca oggi in una zona troppo calda per poter ipotizzare la presenza di vita come la conosciamo sulla Terra, ma l'attuale compattezza del sistema indica una lunga storia di migrazione ed aggiustamento delle loro orbite nel sistema. E' possibile ipotizzare che un tempo almeno uno di quei pianeti potesse rivoluzionare nella zona abitabile di Kepler-444, stimata dagli astronomi a 0,47 UA dalla stella, ben oltre l'orbita del pianeta più esterno conosciuto nel sistema.
Come accennato, questo sistema planetario è il più antico conosciuto con una conformazione simile a quella del sistema solare e potrebbe rappresentare una fotografia del nostro sistema solare interno tra molti miliardi di anni.
Un'altra peculiarità ha meravigliato gli astronomi: tutti e 5 i pianeti si trovano su orbite strettissime, tutte comprese entro 1/5 della distanza di Mercurio ( il pianeta più vicino al Sole ) dal Sole. Un sistema ultracompatto, analogo solo dell'1% circa dei sistemi planetari scoperti da Kepler.


L'età della stella è stata stimata utilizzando la sempre più raffinata astrosismologia, ovvero studiando le onde sonore emesse dalla stella e provenienti dal suo interno. Kepler è in grado di rilevare le variazioni luminose causate dall'emissione di onde sonore da parte della stella: la loro emissione causa una variazione di temperatura della stella e dunque della sua luminosità totale. Grazie a queste misure è possibile calcolare il raggio e la massa della stella. I pianeti sono stati scoperti invece con il tanto proficuo quanto collaudato metodo del transito che, unito all'applicazione di alcune tecniche astrosismologiche, ha permesso di stimare il diametro del pianeta più interno del sistema ( della taglia di Mercurio ) con un incertezza di 100 km.
La stella Kepler-444 e la sua compagna nana di classe M
Ma sono due le importantissime implicazioni di questa scoperta:

1- Oggi sappiamo che i pianeti di tipo terrestre si sono formati lungo tutta la storia dell'universo;
2- Possiamo realisticamente ipotizzare che la vita possa essere comparsa su pianeti come questi ben prima di quanto accaduto sulla Terra.

La stella Kepler-444 ha anche una compagna, una nana di classe M, che ha reso incredibilmente complessa la riduzione dei dati per separare il segnale dei pianeti da quello della stella compagna.




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