9.1.17

ESOCOMETE IN AZIONE SU HD 172555


Semplificando ed escludendo il Sole, nel nostro sistema planetario ci sono tre tipologie di oggetti: pianeti, lune e corpi minori. In quest'ultima categoria rientrano gli asteroidi e le comete. 
Conoscendo ormai centinaia e centinaia di sistemi planetari extrasolari, sappiamo che almeno i pianeti e le comete sono assai comuni anche attorno ad altre stelle. Osservando poi l'attività cometaria in azione da un punto di vista privilegiato, ovvero esterno a quei lontanissimi sistemi, possiamo capire moltissimo del passato del nostro stesso sistema solare attuale e delle dinamiche che lo hanno plasmato in un remotissimo passato, miliardi di anni fa.
Come spesso si è detto in queste pagine la tecnologia attuale è in grado talvolta di scorgere direttamente la presenza di un esopianeta fotografandone la debole luce oppure, laddove ciò non è possibile, attraverso metodi indiretti di vario genere che evidenziano particolari e infinitesime variazioni di posizione e/o luminosità del sistema stellare.
Ma se è così difficile rilevare un pianeta (magari grande svariate volte Giove), com'è possibile osservare comete attorno ad altre stelle? Una cometa è mediamente miliardi e miliardi di volte più piccola e debole di un pianeta.... 
Si osserva infatti l'attività di un gran numero di comete, capace di sconvolgere l'assetto di un sistema planetario o di influenzare la luminosità dell'astro (o degli astri) posti nel centro.

Ma come fare ad osservare questa attività? Si utilizza il metodo più proficuo attualmente disponibile per scoprire i pianeti extrasolari: il metodo del transito. Quando un gran numero di comete transita di fronte alla stella che stiamo osservando, esse generano due eventi: un relativo calo di luminosità della stella e (se si sta facendo un'analisi spettroscopica della luce dell'astro) compaiono ulteriori ed inedite righe di assorbimento nello spettro della stella. Infatti, proprio come accade nel sistema solare, una cometa surriscaldata in rotta di collisione con la sua stella comincia a liberare attorno a sè una chioma e dietro di sè una lunga coda, entrambe di gas e polveri. Questo materiale eccitato emette a particolari lunghezze d'onda e se noi stiamo osservando lo spettro di quel sistema saremo in grado di isolare l'impronta della presenza di questo materiale e del suo comportamento.
Sembrerà incredibile ma ad oggi ciò è stato fatto in ben 11 sistemi planetari (4 confermati e 7 in fase di studio) appartenenti a stelle diverse dal Sole: Beta Pictoris, HR 10, 51 Ophiuchi, HR 2174, 49 Ceti, 5 Vulpeculae, 2 Andromedae, HD 21620, HD 42111, HD 110411 e HD 172555. Ed è proprio di quest'ultimo sistema stellare che parleremo in questo articolo.

La stella HD 172555, situata a 95 anni luce dal Sole in direzione della costellazione del Pavone, ha una massa doppia rispetto a quella solare ed una luminosità circa 10 volte maggiore. L'età è stimata in 23 milioni di anni: l'astro infatti è coevo, simile ed appartiene alla stessa corrente stellare della più famosa Beta Pictoris. 
HD 172555 starebbe avviando un processo di formazione di pianeti rocciosi ma ecco il colpo di scena: attorno alla stella non sono stati rilevati materiali rocciosi consueti composti da silicati, olivina e pirosseni, bensì silicati amorfi e in fase gassosa a circa 70°C (tektite, ossidana, monossido di silicio). 

Si ipotizza che questo particolare materiale sia stato generato dall'impatto ad altissima velocità tra due corpi di massa planetaria (il maggiore di dimensioni analoghe a Mercurio e l'altro minori) alla velocità relativa di almeno 10 km/s. 
Se ciò fosse vero, ulteriori analisi del sistema potrebbero trovare un protopianeta roccioso dalla superficie fusa (se l'evento è accaduto negli ultimi millenni) o comunque confermare altre ipotesi come la possibilità di impatti tra protopianeti in sistemi giovanissimi e la formazioni di oggetti di tale massa in così breve tempo (23 milioni di anni). 
Recenti studi condotti da Hubble, che ha osservato il disco protoplanetario due volte nell'ultravioletto a distanza di sei giorni, hanno evidenziato la presenza di SiO e CO in movimento sulla superficie stellare a 600.000 km/h. La spiegazione più accreditata è che Hubble stia vedendo il gas prodotto dalle comete dopo l'impatto di queste ultime con la superficie stellare. Ulteriori analisi mostrano che tale materiale è ampiamente distribuito di fronte alla stella in grande quantità, rendendone più facile lo studio ed escludendo di fatto che possa trattarsi di un esopianeta roccioso in transito.
Il team di astronomi autore della scoperta sta ora cercando tracce di ossigeno ed idrogeno sul materiale in caduta sulla stella per confermare la natura cometaria del materiale oltre ad evidenze della presenza di uno o più pianeti nel sistema.

Nessun commento:

Posta un commento