28.2.17

TANTA ROCCIA ATTORNO A DUE SOLI


A 1000 anni luce di distanza brilla una coppia di stelle nota come SDSS 1557, composta da una nana bianca ed una nana bruna in orbita al comune centro di massa in appena 2.27 ore. 
Per la prima volta sono stati osservati detriti rocciosi in orbita attorno ad un sistema binario, evidenziati dall'inquinamento dell'atmosfera stellare causato dal materiale roccioso e ricco di metalli in caduta verso la coppia di astri. La situazione permetterebbe di ipotizzare la presenza di uno o più pianeti rocciosi nel sistema.
L'attualmente ipotetico pianeta sarebbe molto simile al celebre Tatooine dell'universo fantascientifico di Guerre Stellari, con un cielo solcato da due soli.
La scoperta è di particolare importanza perchè prima d'ora, attorno ai sistemi stellari binari, erano noti solamente pianeti giganti gassosi e non era mai stata osservata una fascia asteroidale. 
L'analisi spettroscopica del materiale in caduta verso la superficie di una delle stelle ha mostrato la presenza abbondante di metalli, silicio e magnesio: tutti ingredienti indispensabili e necessari per la formazione di pianeti rocciosi di tipo terrestre. Tutto il materiale rilevato equivarrebbe ad un corpo asteroidale di circa 4 km di diametro (100 miliardi di tonnellate di massa).
A causa dell'intensa gravità esercitata dalle due stelle, si riteneva impossibile la formazione di pianeti rocciosi nati dalla progressiva aggregazione di polveri ed asteroidi. Questa scoperta determina un'opportunità unica di monitorare proprio questo controverso passaggio. Altrettanto importante è la posizione in cui si trova il materiale rispetto ai due astri: la distanza è abbastanza elevata da permettere orbite stabili e assai poco perturbate dal sistema binario centrale.
Non è stata ancora osservata la presenza di uno o più pianeti rocciosi nel sistema, ma la disposizione del materiale in una cintura asteroidale attorno ai due soli fa ben sperare.
Per osservare il lontano sistema binario hanno unito le forze il Gemini Observatory South Telescope e il Very Large Telescope, i quali hanno permesso di osservare e determinare la composizione chimica dei detriti. Le prossime osservazioni saranno compito del quanto mai indispensabile e performante Hubble Space Telescope; bisognerà fare presto però perchè entro poche settimane le polveri rocciose e ricche di metalli sprofonderanno all'interno della stella sparendo alla vista per sempre.

22.2.17

TRAPPIST-1: IL SISTEMA DELLE MERAVIGLIE

Mobilitando la stampa mondiale e dandole appuntamento per le 19 di questa sera (ora italiana), la NASA aveva già fatto intuire la portata dell'annuncio. E quello condiviso poco fa rappresenta solamente l'ultimo degli storici annunci a cui ci ha abituato la NASA in materia di pianeti extrasolari. 
Su questo blog ho sottolineato spesso quanto il nostro sistema planetario sia in realtà un caso più unico che raro nel panorama delle centinaia di sistemi planetari extrasolari che oggi conosciamo: l'unico (per quanto ne sappiamo) composto da 8 pianeti e tra i pochissimi con più di 5 pianeti.
Da stasera sappiamo che esiste almeno un altro sistema che si aggiunge a questo piccolo gruppo: si tratta di TRAPPIST-1, ad appena 39.13 anni luce in direzione della costellazione dell'Acquario.
Dalla Terra il sole di questo sistema planetario appare come una debolissima stellina di magnitudine apparente 18.8.

Il sistema in questione contiene 7 pianeti, tutti rocciosi e di taglia terrestre!
Tre di questi mondi orbitano all'interno della zona abitabile del sistema, là dove la temperatura è tale da permettere la presenza di acqua liquida in superficie.
La somiglianza strutturale tra il sistema solare ed il sistema planetario in orbita attorno alla stella TRAPPIST-1 termina però con l'aspetto numerico! La stella del sistema infatti è molto diversa dal nostro Sole: si tratta di una nana rossa ultrafredda (2550 K superficiali) con una massa ed una dimensione pari a circa 1/10 di quella solare ed una luminosità pari al 4%.
Dopo alcuni anni di studio è risultata essere una stella tranquilla, ovvero non soggetta ad eventi violenti ed improvvisi come invece capita ad altre nane rosse.
Un ulteriore fatto interessante è la longevità di questo tipo di stelle: TRAPPIST-1 si stima possa vivere nell'ordine delle migliaia di miliardi di anni, assicurando stabilità e sicurezza all'intero sistema planetario. Inoltre, nella sola Via Lattea, le stelle come questa sono ben il 15% del totale!

Utilizzando il telescopio TRAPPIST (Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope - La Silla, Cile), un piccolo telescopio ad altissima precisione studiato per rilevare i transiti di piccoli pianeti e planetesimi, erano già stati scoperti ben 3 pianeti di taglia terrestre nel sistema.

Un'altra profonda diversità tra il nuovo sistema planetario ed il nostro sta nella disposizione e nella distanza tra i pianeti: i 7 pianeti sono tutti vicinissimi alla stella ed anche tra di loro! Ciò vuol dire che la forte interazione gravitazionale che li lega al loro astro li costringe a mostrare sempre il medesimo emisfero alla loro stella; la vicinanza tra i singoli pianeti genera invece ulteriori e reciproche interazioni gravitazionali.
Basti pensare che il più interno orbita a 0,01 UA (1,5 milioni di km) ed il più lontano di tutti, TRAPPIST-1h, orbita ad appena 0,06 UA (9 milioni di km) dalla sua stella: Mercurio orbita a 0,4 UA ed è il primo pianeta del sistema solare!
Ad orbite così strette corrispondono anni assai brevi: i periodi oscillano tra 1.5 e 12.4 giorni.
A causa della massa ridotta e della bassa temperatura superficiale della stella, i pianeti sono sottoposti ad un irraggiamento simile a quello ricevuto dai pianeti terrestri del sistema solare.
Tutti i pianeti percorrono orbite circolari nello stesso senso, indicando un'origine comune e coeva con la loro stella. E' possibile quindi che i pianeti si siano inizialmente formati su orbite più esterne e che, in un secondo momento, i pianeti siano migrati verso le regioni più interne del sistema.

I pianeti hanno dimensioni variabili tra il 75% ed il 110% di quelle terrestri:  b,c,e,f,g hanno dimensioni terrestri mentre i pianeti d e h hanno le dimensioni di Marte.
I dati raccolti sono sufficientemente accurati da poter rilevare e quantificare le interazioni gravitazionali tra i singoli pianeti e dunque stimare la massa e la densità dei primi sei. La densità, parametro importantissimo per comprendere la composizione e la struttura di un pianeta, varia tra il 60 ed il 117% di quella terrestre.
Lo spettro di TRAPPIST-1b e TRAPPIST-1c aveva già escluso in precedenza la presenza di un'importante atmosfera di idrogeno priva di sistemi nuvolosi, suggerendo agli astronomi la possibile presenza di atmosfere più simili a quella di Venere o comunque ricche di vapore acqueo.
Ma ciò che ha strabiliato di più il team di astronomi autore della scoperta è la presenza di ben 3 pianeti all'interno della fascia abitabile del sistema, tutti molto simili alla Terra per dimensioni e massa. Si tratta dei pianeti TRAPPIST-1e, TRAPPIST-1f e TRAPPIST-1g. Un quadro già promettente in partenza, ma che necessita ulteriori studi sulla composizione della loro atmosfera e sulla loro temperatura.
Alla scoperta e caratterizzazione di questi pianeti hanno collaborato i maggiori telescopi spaziali (Spitzer, Hubble) e terrestri (VLT, TRAPPIST North e South, UK Infrared Telescope, i telescopi W. Herschel e Liverpool, l'Osservatorio Astronomico del Sudafrica).
Nel prossimo futuro il loro monitoraggio, alla ricerca di tracce di vita, di acqua e della struttura e composizione della loro atmosfera, continuerà con il James Webb Space Telescope  e la nuova generazione di supertelescopi terrestri attualmente in costruzione.

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16.2.17

A CACCIA DI ESOLUNE


Una esoluna è una luna che orbita attorno ad un pianeta extrasolare, ovvero ad un pianeta che rivoluziona attorno ad una stella diversa dal Sole. 
Da alcuni anni si è aperta ufficialmente la caccia alla prima esoluna ma, nonostante i grandi telescopi attuali ed i metodi raffinati che vengono utilizzati per scoprire i pianeti attorno ad altre stelle, per ora non è stata annunciata alcuna scoperta. Riuscire ad identificare il segnale di una luna extrasolare è oggi al limite della strumentazione disponibile, ma il telescopio spaziale Kepler ci sta provando nell'ambito del programma "Hunt for Exomoons with Kepler" (HEK) della NASA.
Le lune extrasolari, esattamente come i relativi esopianeti, si presentano in forme molto più varie rispetto a ciò che è osservabile nel solo sistema solare: ad esempio è facile pensare che pianeti giganti gassosi di dimensione e massa molto superiore a quella del nostro Giove possano ospitare lune grandi come la Terra o forse più.
Queste implicazioni sono importantissime per due motivi: 
- più sono grandi e più è facile rilevarle;


- se i relativi pianeti si trovano all'interno della zona abitabile del loro sistema, anche grandi lune (magari condizioni simili alla Terra) possono ospitare la vita.
Come più volte abbiamo visto in questo blog seguendo le nuove scoperte, oggi siamo in grado di rilevare pianeti di taglia inferiore a quella terrestre e quindi saremmo potenzialmente in grado di osservare lune extrasolari come quelle di cui abbiamo appena parlato.

Come fare? Che metodo usare? In breve, la procedure è analoga a quella utilizzata per scoprire pianeti in orbita attorno alle stelle. I metodo ritenuto migliore che oggi viene utilizzato in questa caccia è quello del transito. Tra gli altri, risultano promettenti (anche se limitanti) anche quello del timing delle pulsar e del microlensing gravitazionale.
Dalla curva di luce ottenuta durante il transito del pianeta di fronte alla sua stella bisognerebbe osservare un segnale secondario di entità minore dovuto al transito della luna del pianeta. 

Un nuovo studio, basato su 30 simulazioni, ha mostrato come Kepler possa essere in grado di rilevare lune con una dimensione pari ad almeno il 10% di quella terrestre.  


Le simulazioni hanno ricostruito una vasta gamma di condizioni in cui potrebbero formarsi satelliti extrasolari di dimensioni sufficienti per essere osservati da Kepler. E' risultato che i detriti scagliati nello spazio dallo scontro di due pianeti rocciosi con masse comprese tra 2 e 7 masse terrestri (superterre),con velocità prossima a quella di fuga e angolo di impatto obliquo, potrebbero generare un satellite abbastanza grande da essere alla portata di Kepler.

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14.2.17

LA NANA BIANCA E LA SUA COMETA


Il telescopio spaziale Hubble, in collaborazione con il telescopio Keck delle Hawaii, ha diretto il suo sguardo verso la nana bianca WD 1425+540 distante 170 anni luce in direzione della costellazione del Boote. 
Attorno alla stella è stata scoperta una cintura di oggetti del tutto simile alla nostra Fascia di Kuiper e si sospetta la presenza di uno o più pianeti rocciosi. 
Ancora più interessante è che per la prima volta si osserva "in diretta" la distruzione e dispersione nell'atmosfera della stella di un oggetto di enormi dimensioni dalla composizione del tutto simile ad una cometa.
Ma come facciamo ad affermare ciò? L'oggetto contiene molta più acqua ed è 100.000 volte più massiccio (0,1% della massa di Plutone) di una cometa periodica media del sistema solare. Ha una composizione chimica analoga a quella della celebre cometa di Halley ed è ricca di azoto, silicio, ferro, idrogeno, ossigeno, zolfo, carbonio, calcio, magnesio e molti altri composti essenziali per la vita.

Tra il 25% ed il 50% delle nane bianche note possiedono un'atmosfera inquinata da materiale roccioso di origine planetaria o asteroidale, ma questa è la prima volta che il materiale ha una natura cometaria.
Di non minore effetto è il pensiero che questo materiale deve essere sopravvissuto alla violenta fase di gigante rossa della stella, precedente al suo lentissimo declino come nana bianca.
L'osservazione della disintegrazione in corso di questo materiale ha fatto ipotizzare la presenza di uno o più pianeti sopravvissuti che hanno perturbato con la loro presenza (o migrazione) la cintura cometaria attorno alla stella. Tale perturbazione avrebbe fatto decadere verso la stella il materiale precedentemente in quiete.
Durante gli accertamenti è stata scoperta una stella compagna della nana bianca, distante 2000 UA, rendendo WD 1425+540 un ampio sistema stellare binario. In seguito a questa scoperta è stata formulata una seconda ipotesi che vede la nuova compagna come responsabile della perturbazione gravitazionale del materiale presente nella cintura.


Nell'analisi del materiale cometario in caduta verso la stella si è visto che la quantità di azoto, importantissimo elemento per la vita come la conosciamo noi e mai visto prima in una situazione analoga, è enorme e presente in concentrazioni mai osservate neanche nel nostro sistema planetario (eccezione fatta per la cometa di Halley).
E' impossibile non fare parallelismi con la nostra Fascia di Kuiper, ricca di potenziali comete spente e quindi di acqua e sostanze prebiotiche. Infatti, molto probabilmente, nel sistema solare di alcuni miliardi di anni fa sono state proprio le comete provenienti da queste aree remote del sistema a portare l'acqua sulla superficie terrestre e non solo.
Il sistema di WD 1425+540 è di estremo interesse per la comprensione di strutture come la Fascia di Kuiper, per lo studio del futuro remoto del sistema solare e per la ricerca dei mattoni della vita attorno ad altre stelle.

1.2.17

UNA DIRETTA DI OLTRE 120 ANNI FA..


Abbiamo parlato spesso della difficoltà di riprendere immagini dirette dei pianeti orbitanti attorno ad altre stelle (direct imaging), una difficoltà a cui stiamo ponendo rimedio assai rapidamente ed efficientemente.
Il nemico numero uno da eliminare in questa caccia è la differenza di luminosità tra una stella ed il suo pianeta. Il riverbero causato dalla luce di un astro, miliardi di volte più intensa di quella riflessa (o emessa) dai suoi pianeti, tende a cancellare le tracce dei suoi pianeti e a nasconderli alla nostra vista. 
Entra in gioco uno degli strumenti da lavoro più importanti per i cacciatori di esopianeti: il coronografo stellare. Nell'ambito della ricerca e dello studio degli esopianeti, tale strumento è utilizzato per osservare pianeti o per effettuare riprese dei dischi protoplanetari in orbita attorno ad altre stelle.  Viene posto lungo l'asse ottico del telescopio con il preciso scopo di intercettare e bloccare la luce accecante della stella e rivelare gli oggetti deboli presenti nelle sue vicinanze. Banalmente il meccanismo è lo stesso che utilizziamo quando, coprendo il Sole con una mano (e quindi proteggendoci gli occhi dalla luce accecante), seguiamo ad esempio un aereo che passa nelle sue vicinanze.
Oggi esistono moltissimi tipi coronografi stellari, studiati ed attrezzati per restituire un'immagine sempre meno disturbata di ciò che si trova nelle vicinanze della stella.
Fondamentali sono anche le ottiche adattive, ovvero un sistema di adattamento degli specchi dei telescopi che annulla l'effetto turbolento dell'atmosfera attraverso una deformazione uguale e contraria a quella prodotta dalla nostra atmosfera. Risultato: un'immagine di qualità spaziale ripresa però dalla superficie terrestre! 
L'utilizzo combinato di queste tecnologie applicate ai migliori telescopi al mondo e l'osservazione del sistema di HR 8799 in banda infrarossa ha permesso al mondo di godere della danza dei suoi 4 pianeti.
La stella in questione, al limite dell'osservabilità ad occhio nudo, si trova a 129 anni luce nella costellazione di Pegaso ed è una stella leggermente più grande e calda del Sole.
Attorno alla stella è stata confermata la presenza di 4 pianeti (un quinto, intravisto da ALMA, è ancora in attesa di conferme) e di una cintura asteroidale. Dalle prime osservazioni di Hubble del 1998, quasi 20 anni di studi e di riprese hanno permesso agli astronomi di seguire nel tempo le variazioni all'interno del sistema.  
Naturalmente, anche la dimensione e la distanza dei pianeti dalla loro stella conta molto: più i pianeti sono grandi e distanti più è facile per noi immortalarli. Il sistema di HR 8799 è perfetto: i pianeti hanno masse superiori a quelle del nostro Giove e sono tutti a distanze pari a 2-2.5 volte quelle di Saturno, Urano e Nettuno. 


La fascia asteroidale del sistema, posta a circa 75 UA dalla stella, si estende nell'area che nel sistema solare è occupata dal Disco Diffuso, oltre la Fascia di Kuiper.
I 4 pianeti, assieme a Fomalhaut b (o Dagon), sono stati i primi pianeti extrasolari il cui moto orbitale è stato confermato mediante l'utilizzo di fotografie dirette.