28.4.17

TERRE DI GHIACCIO

Inevitabilmente, con il progredire della tecnologia e delle tecniche di caccia ai pianeti extrasolari, ci avviciniamo sempre più alla scoperta di una Terra gemella. Abbiamo visto mondi più o meno giganti, incredibili superterre e terre poste in sistemi planetari simili al nostro o talmente differenti e complessi da dover essere ancora compresi. 
Chi segue questo blog però se n'è già accorto: molto spesso i pianeti scoperti sono talmente vicini alla loro stella da risultare roventi. 
D'altro canto si stanno scoprendo numerosi pianeti miti, specialmente negli ultimi tempi. Ma che dire dei pianeti freddi? 
La distanza dalla loro stella e la debolezza della loro emissione (e dunque del segnale ricevuto) complicano di molto la loro scoperta. Ad oggi si conoscono alcuni pianeti ghiacciati ma si tratta di un esigua minoranza rispetto al totale. Eppure, quando vengono scoperti, il loro studio risulta estremamente importante per comprendere le tipologie di pianeti e le dinamiche che governano questi mondi posti dall'altra parte del termometro.
L'ultimo arrivato tra gli esopianeti scoperti è un mondo di ghiaccio delle dimensioni della Terra (1.43 masse terrestri) che orbita alla medesima distanza dal suo sole. 
Un primo dato importante lega il pianeta al metodo con cui è stato scoperto: si tratta del pianeta più piccolo scoperto ad oggi con il metodo del microlensing.
Questa tecnica sfrutta la luce delle stelle in secondo piano per scoprire la presenza di pianeti in orbita attorno a stelle in primo piano. Nel momento in cui la stella vicina transita di fronte alla stella sullo sfondo, allineandosi lungo la nostra linea di vista, la gravità della stella in primo piano focalizza la luce della stella lontana aumentandone l'intensità per un breve periodo. Se attorno alla stella vicina orbita anche un pianeta, la luce della stella sullo sfondo subirà due aumenti consecutivi: il primo (più lungo) ad opera della gravità della stella vicina ed il secondo (più corto) prodotto dalla gravità del pianeta.
Al di là della casualità di questi eventi e dell'impossibilità di ripetere le osservazioni, la precisione del metodo del microlensing ha portato alla scoperta degli esopianeti più distanti (anche decine di migliaia di anni luce dal Sole) e tra i più piccoli oggi noti. Pianeti che con tutti gli altri metodi oggi in uso sarebbe stato impossibile rilevare.

Torniamo al nuovo mondo, noto come OGLE-2016-BLG-1195Lb, dal nome del sistema automatizzato di ricerca che per primo ha individuato l'evento di microlensing, l'Optical Gravitational Lensing Experiment (OGLE).
Unendo quest'ultima rilevazione ad analoghe e precedenti scoperte, si cerca di capire innanzi tutto se ci sono differenze nella distribuzione di pianeti tra il disco della galassia e la sua zona centrale (bulge).

L'evento di microlensing è stato osservato contemporaneamente dallo telescopio spaziale Spitzer e dal Korea Microlensing Telescope Network (KMTNet) sulla Terra, La grande distanza che separa i telescopi e la contemporaneità delle osservazioni hanno permesso di osservare l'evento (KMTNet) e calcolare con precisione la massa del pianeta e della sua stella (Spitzer). 
OGLE-2016-BLG-1195Lb orbita a ben 13.000 anni luce da noi in direzione della costellazione dello Scorpione, attorno ad un astro talmente piccolo e debole che non si è neanche sicuri che si tratti di una stella: con una massa pari ad appena il 7.8% della massa solare potrebbe essere una nana bruna o una nana ultrafredda.
Sulla Terra godiamo di un clima mite perchè il nostro pianeta si trova alla giusta distanza dal Sole, grande abbastanza da non incenerirci e sufficientemente piccola da non farci congelare. Ma la giusta distanza varia al variare della tipologia di stella: essa di troverebbe assai vicina all'astro nel caso della piccola e fredda stella del mondo appena scoperto. Eppure il pianeta in questione orbita a 1.16 UA dalla sua stella, una distanza assai simile a quella che separa la Terra dal Sole ed molto grande per quel tipo di sistema. Con un sole così debole però questo pianeta terrestre è senza dubbio un mondo glaciale, una versione grande come la Terra del nostro Plutone.
La scoperta e lo studio di questo pianeta hanno rappresentato una vera e propria sfida alla nostra capacità di guardare così lontano nella galassia. Una sfida vinta e un altro passo avanti, che ci permette di comprendere sempre più la grande varietà di mondi che la nostra Galassia ci offre e che giorno dopo giorno riusciamo ad osservare.




20.4.17

LHS 1140b: UNA NUOVA E PROMETTENTE SUPER-TERRA

La ricerca di pianeti attorno ad altre stelle prosegue spedita dopo aver collezionato di recente scoperte epocali come Proxima b ed il sistema di TRAPPIST-1
L'obiettivo finale è quello di trovare pianeti simili alla Terra, abitati o abitabili, sperabilmente vicini al nostro sistema. 

Con la tecnologia attuale infatti la vicinanza è un requisito ancora fondamentale per poter caratterizzare in maniera certa un determinato pianeta e la sua atmosfera. Nell'impossibilità di inviare sonde sul posto, bisogna affidarci all'unico messaggero che attraversa l'universo per noi: la luce.
Negli ultimi tempi sono state effettuate scoperte sensazionali entro poche decine di anni luce dal Sole, nulla in termini astronomici, che fanno pensare ad una galassia ben più popolata di pianeti terrestri rispetto a quanto si creda. 
L'ultimo arrivato, LHS 1140b, entra prepotentemente in questa importantissima categoria in attesa di ulteriori conferme e studi approfonditi. 

Distante appena 39 anni luce in direzione della costellazione della Balena, il nuovo esopianeta orbita
attorno alla nana rossa LHS 1140, una stella più piccola (15% della massa solare) e fredda della nostra . Nel periodo di osservazione della stella non sono stati rilevati flare, è stata stimata un'età di poco superiore ai 5 miliardi di anni ed un periodo di rotazione dell'astro pari a circa 130 giorni. L'abitabilità di un pianeta e la stabilità del sistema in cui si trova sono strettamente legati alle caratteristiche della stella (o delle stelle), dunque è importantissimo conoscerne ogni caratteristica al meglio per avere un quadro chiaro e complessivo; soprattutto se il pianeta rientra nella zona abitabile ed ha caratteristiche terrestri.

Veniamo ora al pianeta appena scoperto.
La scoperta è stata possibile grazie all'utilizzo della schiera robotizzata di telescopi del MEarth Project, in Arizona, a caccia di mondi transitanti attorno alle nane rosse. Altri dati ed osservazioni sono state possibili grazie allo spettrografo HARPS, che ha rilevato le variazioni nella velocità radiale della stella causate dalla presenza del suo pianeta. 
E' stato quindi possibile rilevarlo grazie all'allineamento tra il suo piano orbitale e la nostra linea di vista: questa preziosa condizione ci permette di osservare il periodico transito del pianeta di fronte alla sua stella. Questo metodo è in grado di fornirci una montagna di preziose informazioni sul pianeta e sulla sua atmosfera. Per ora si sa che LHS 1140b ha una massa pari a 6.6 volte quella terrestre e un raggio 1.4 volte maggiore del nostro. La densità risultante è 2.3 volte quella della Terra, lasciando ben pochi dubbi sul fatto che sia un pianeta roccioso e quindi di tipo terrestre. Tale densità fa ipotizzare ad un mondo ricco di ferro e silicati con un nucleo metallico.
Altro punto importante: la sua massa e quindi la sua gravità è grande abbastanza da mantenere attorno a sè un'atmosfera complessa, capace di mitigare il clima e proteggerlo (al pari di eventuali forme di vita) dall'attività stellare e meteorica.
Orbita in 25 giorni attorno al suo astro ad una distanza di 0.09 UA, pari a meno di 1/10 della distanza che separa la Terra dal Sole. Questa vicinanza però permette al pianeta di rientrare perfettamente nella zona abitabile del suo sistema, essendo la sua una stella più piccola e fredda del nostro Sole.
E' stato inoltre possibile stimare un'orbita circolare per il pianeta, indizio di una situazione stabile per questo mondo promettente.
La vicinanza e le caratteristiche di questo pianeta sono oro per i cacciatori di pianeti e delle tracce di vita su di essi, tanto che la nuova generazione di telescopi che sarà operativa nei prossimi anni si occuperà certamente  e prioritariamente di questo pianeta. Nel frattempo però anche la tecnologia attualmente disponibile è in grado di anticipare ed aprire la strada allo studio della sua atmosfera. E' infatti lì che si concentra l'attenzione: si spera sempre di trovare tracce della presenza di vita osservando la composizione chimica dell'atmosfera, eventuali sue variazioni o la presenza di gas di origine incontrovertibilmente artificiale. 
Siamo all'inizio di questi studi ma stiamo già facendo passi da gigante anno dopo anno, accumulando esperienza e risultati impensabili anche pochi anni fa. 

7.4.17

STUDIARE L'ATMOSFERA DI ALTRE TERRE

Si stanno compiendo passi avanti nello studio delle atmosfere che circondano gli esopianeti rocciosi, in particolare quelle appartenenti alle superterre. Si tratta di pianeti di tipo terrestre, dunque rocciosi, di dimensioni maggiori di quelle della nostra Terra. 
Gli sforzi degli astronomi si concentrano sempre più sulla caratterizzazione di questa tipologia di pianeti e delle relative atmosfere in quanto si ritiene che siano i luoghi più promettenti per la ricerca della vita e delle tracce della sua presenza o attività.

La presenza di concentrazioni anomale di gas prodotti esclusivamente o strettamente collegati all'attività biologica può costituire un solido indizio circa la presenza di forme di vita su un determinato pianeta.
Questa volta l'attenzione si è rivolta ad una superterra in orbita attorno alla stella GJ 1132: si tratta in assoluto del pianeta più piccolo attorno a cui è stato possibile osservare e studiare l'atmosfera.
Per lo studio è stato utilizzato il telescopio da 2.2 metri dell'ESO/MPG situato in Cile. Per lo studio delle atmosfere ci si affida al buon vecchio metodo del transito: si attende che il pianeta transiti di fronte alla sua stella e, se possiede un'atmosfera, parte della luce stellare filtrerà attraverso l'involucro gassoso venendo selettivamente assorbita e rivelandoci dunque la sua composizione chimica.
Abbiamo accennato all'importanza dello studio se consideriamo le dimensioni del pianeta GJ 1132b: si tratta di una superterra ma avendo una massa ed un raggio rispettivamente pari a 1.6 e 1.4 volte quella terrestre...non è poi così super!
Insomma, questo studio certifica ufficialmente la nostra capacità di studiare atmosfere di pianeti rocciosi di piccole dimensioni, frutto del nuovo livello di sensibilità raggiunto dalla strumentazione disponibile e dai metodi di analisi dei dati.

GJ 1132b orbita in appena 1.6 giorni attorno ad una nana rossa distante circa 39 anni luce dal Sole, in direzione della costellazione della Vela. E' stato osservato simultaneamente a differenti lunghezze d'onda in 7 diverse bande dello spettro elettromagnetico. Dalle osservazioni è risultata una dimensione maggiore del pianeta ad una particolare lunghezza d'onda posta nell'infrarosso, rivelando la presenza di un'atmosfera opaca a questa particolare lunghezza d'onda. 

Utilizzando poi i dati raccolti in un modello che simuli al meglio quanto osservato, gli astronomi sono giunti ad un'atmosfera ricca di vapore acqueo e metano.
Ma, come spesso capita, la mancanza di alcuni dati al momento impedisce di saperne di più e di comparare la Terra con GJ 1132b: potrebbe essere un pianeta oceano o una terra con una calda atmosfera di vapore acqueo...
Il pianeta intanto riceve dalla sua stella 19 volte più radiazione rispetto alla Terra e la temperatura negli strati alti della sua atmosfera si stima attorno ai 260°C; la prossimità al suo sole fa ipotizzare che sia anche bloccato marealmente, rivolgendo sempre lo stesso emisfero alla stella e dunque creando complessi meccanismi climatici di trasporto del calore e di circolazione dei venti.
Se ne occuperà sicuramente a breve Hubble e nel prossimo futuro la nuova potente generazione di telescopi terrestri e spaziali. Per ora è stato fatto un altro importantissimo passo avanti.